Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, si è esposta ancora una volta alle critiche, facendo una dichiarazione impeccabile e quindi indigesta a coloro che ne erano i destinatari: i giovani che faticano a trovare un impiego. Un discorso semplice e saggio che però suona stonato o addirittura fastidioso agli orecchi delle nuove generazioni, convinte di essere discriminate rispetto alle precedenti. «Cari ragazzi», ha detto la professoressa, «dovete rendervi conto che in questo periodo di crisi internazionale non potete essere schizzinosi nella scelta o nell'accettazione del primo lavoro. Un tempo era consentito essere selettivi, perché le opportunità offerte dal mercato erano parecchie; oggi non è più così, conviene prendere al volo ciò che passa il convento. Il posto disponibile non è al vertice delle vostre ambizioni? Non importa, occupatelo lo stesso. Anzitutto viene lo stipendio, poi, col trascorrere degli anni, maturerete l'esperienza indispensabile per fare un salto di qualità. E, forse, sfonderete, avrete le soddisfazioni che cercate e magari meritate».
Questo modo di argomentare, a nostro modesto avviso, non fa una grinza. Peraltro non è molto diverso da quello che, mezzo secolo fa, era in auge fra noi oggi diventati anzianotti, costretti - in numerosi casi - a sgobbare di giorno e a studiare la sera per cogliere due obiettivi: uno, guadagnarci da vivere, perché i genitori non avevano i mezzi per mantenerci oltre i 14 anni; due, ottenere un diplomino nella speranza di migliorare la posizione. Quasi tutti ce la facevano, sia pure a prezzo di sacrifici ora impensabili. Imparavano un mestiere, uno qualsiasi, e frattanto perfezionavano la loro istruzione. Dopodiché la strada si spianava, ma non era in discesa. Per arrivare, bisognava comunque lottare.
Lavorare e studiare comportava un rischio: fare male entrambe le cose. Ma l'impegno di solito era premiato. Anche allora c'erano i fortunelli e i raccomandati, quelli di famiglia facoltosa e/o influente, i quali dalla culla in poi trovavano la pappa pronta, ma erano una minoranza, guardata più con invidia che con ammirazione. La maggioranza era costituita da semisfigati e sfigati tout court, che però non si arrendevano mai, spinti com'erano da un propellente miracoloso: la fame. La fame e la voglia di riscattarsi, di salire lo scalone sociale a piedi in assenza di ascensori.
Il senso delle parole pronunciate da Elsa Fornero è di una chiarezza disarmante: non è la realtà che si adatta ai giovanotti e alle signorine, ma viceversa. Il mondo è questo? Se ne prenda atto e si agisca di conseguenza. L'impiego pubblico ha organici pletorici e non consente nuove assunzioni, semmai necessita di sfoltimenti. L'economia non tira e non ricomincerà a tirare tanto presto, nonostante le ottimistiche previsioni di Mario Monti, che ripete ogni due per tre di scorgere una luce in fondo al tunnel (forse è solo un lumino cimiteriale). Le attività artigianali sono snobbate da chiunque abbia un titolo di studio (il cui valore legale è totalmente inutile se non dannoso). I lavori cosiddetti umili (che tali non sono) vengono schivati come la peste e riservati a 4 milioni e mezzo di stranieri, che li svolgono con regolare contratto, e ci campano.
Insomma, il ministro non ha torto.
Quando il lavoro, e non soltanto il gioco, si fa duro, è il momento dei duri. E i mollaccioni e i bamboccioni sono tagliati fuori. A loro nessun vecchio cederà mai la scrivania. Cari ragazzi, prendetegliela, se ne siete capaci.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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