Roma - Mettiamo a confronto due fatti nudi e crudi di questi ultimi giorni.
A Milano, i giudici negano al leader del centrodestra Silvio Berlusconi la sospensione del processo Ruby per impegni in campagna elettorale e anche il rinvio dell'udienza per legittimo impedimento. A Santa Maria Capua Vetere i giudici concedono alla capolista del Pd in Campania per il Senato Rosaria Capacchione (giornalista anticamorra fortemente voluta dal segretario Pd Pier Luigi Bersani) il rinvio fino a marzo del processo giunto alla vigilia della sentenza, per legittimo impedimento dovuto a «impegni improcrastinabili». Prima considerazione: evidentemente, i giudici possono decidere come vogliono, con assoluta discrezionalità perché la legge in materia non è vincolante. Insomma, è possibile usare due pesi e due misure. Seconda considerazione: l'imputato Berlusconi non ha diritto al rinvio perché, dice la pm Ilda Boccassini, «non è candidato premier» (anche se giuridicamente questa figura non esiste), ma per la Capacchione è sufficiente essere la capolista democratica. Terza considerazione: la grana di un processo e ancor più di un'eventuale condanna prima delle urne è considerevole per ambedue, ma forse danneggia più il leader di una coalizione, accusato di concussione e prostituzione minorile che il semplice candidato di un partito, accusato di calunnia.
Queste considerazioni dovrebbero pesare sulla scelta di un rinvio o meno del procedimento per «opportunità» politica, ma per certi giudici hanno un peso e per certi altri un altro.
Se non si vuol parlare di prassi consolidata in casi del genere, certo si può dire che normalmente in passato uno slittamento processuale per non influenzare il giudizio degli elettori è stato largamente praticato nei nostri tribunali. Basti pensare che nel novembre '99 addirittura un ex presidente dell'Anm come Antonio Martone criticò il rinvio a giudizio sempre del Cavaliere per il Lodo Mondadori, deciso dal gip Rossato due giorni prima non delle elezioni nazionali ma di quelle suppletive a Bologna, possibili allora con il Mattarellum per sostituire un eletto decaduto dalla carica. «Avrei aspettato qualche giorno - disse - bisognava evitare qualunque sensazione di interferenza tra giudici e politica. E certe coincidenze temporali, anche non volute, possono dare la sensazione di interferenza». A Milano di questo non si preoccupano affatto e le cose sono così radicalmente cambiate che neppure per elezioni nazionali di così grande rilievo l'opinione pubblica può aspettarsi un'uniformità di linea da parte della magistratura su due casi del tutto simili.
«Il reato imputato a Berlusconi - spiega il consigliere siciliano del Csm Bartolomeo Romano (Pdl)- ha tempi lunghissimi di prescrizione e non c'è nessuna particolare urgenza per il processo Ruby. È vero che non c'è obbligo del tribunale a concedere un rinvio, ma era ragionevole aspettarselo perché è fuor di dubbio che il capo del centrodestra sia impegnato in modo intenso nella campagna elettorale. Quanto al diverso trattamento per la Capacchione, dalle mie parti si dice: Ogni testa è tribunale. Ma che la discrezionalità in situazioni identiche sia così ampia, non fa bene all'opinione pubblica, che vorrebbe un'esercizio sereno della giustizia».
Per l'avvocato Oreste Dominioni, ex presidente dei penalisti italiani, il fatto che da parte dei giudici siano possibili decisioni opposte per fattispecie uguali, per interpretazioni diverse della stessa norma, «lascia ampio spazio, inevitabilmente, al sospetto che nelle decisioni dei tribunali si possano insinuare valutazioni di ogni genere, anche politiche».
Quanto alla spiegazione della Boccassini, sul fatto che Berlusconi non è in corsa per Palazzo Chigi, aggiunge: «Il diritto a non subire contraccolpi sul processo per l'imminenza delle elezioni e viceversa è di tutti i candidati, non dipende dal ruolo istituzionale. Altrimenti, ci sarebbe una sperequazione inammissibile».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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