La leggenda del santo disertore

Tutti plaudono all'umanità di un Papa che si dimette e perfino al coraggio; ma un Pontifex è ponte con la divinità, non si esaurisce nella sua umanità

Lo senti assai vicino Ratzinger che si dimette per raggiunti limiti d'età, per vecchiaia e per stanchezza, per sottrarsi a veleni e ricatti, per liberarsi dalla cappa dei poteri, dalle trame oscure e dalle cose del mondo, per tormento intellettuale. Lo senti umano, profondamente umano, nella rinunzia, lo senti perdutamente filosofo e umanista. Magari ammiri la sua ascesi intellettuale, ti ritrovi nella sua solitudine di studioso, nel suo prediligere la spiritualità ai fedeli.

Però non lo senti Papa, cioè Santo Padre, cioè custode di una Tradizione e Pastore nel segno della Croce. Semel abbas, semper abbas, dicevano gli antichi: una volta padre, sei padre per sempre. Non si può rinunziare, andarsene in pensione come uno qualunque, spezzare una tradizione, generando assurdi imbarazzi e strane vacatio. Tutti plaudono all'umanità di un Papa che si dimette e perfino al coraggio; ma un Pontifex è ponte con la divinità, non si esaurisce nella sua umanità. È richiesto il sacrificio della sua individualità soggettiva, anteporre l'Ufficio alla sua personale inclinazione. Non a caso perde il suo nome originario. Cosa volete che siano, alla luce di Cristo e dell'eternità, la vecchiaia, i veleni e il disagio di un ruolo? Da Santità non ci si può dimettere.

La via dell'ascesi è eccelsa, ma dopo il papato sconfessa il Magistero della Chiesa.

Per questo, con tutto l'affetto che nutro per la delicata spiritualità di Ratzinger e per il suo acume teologico, lasciatemi dire, con immenso rispetto e la morte nel cuore: ha disertato.

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