Roma - «Ora basta. O ti dimetti o esco dalla Lega». A parlare, al telefono, è il Senatùr in persona, con accanto alcuni storici militanti lombardi e veneti. Dall'altra parte Maroni, attonito. Il «capo», come lo chiamano ancora in molti, s'è fatto da parte ma non è morto. La zampata di Bossi - da leggersi come un «sono tornato» - racconta di una Lega dove la situazione è esplosiva. Vero: il Carroccio ha vinto perché ha portato Maroni alla guida del Pirellone. Ma altrettanto vero: ha perso perché s'è bruciata quasi la metà dei consensi. Dall'8% del 2008 al 4,4% delle ultime elezioni. Maroni uomo solo al comando? Per nulla. Ci sono gli strascichi della grande guerra tra fedelissimi di Bossi e i cosiddetti «maroniti»; ci sono le divisioni storiche tra veneti e lombardi; ci sono le lotte intestine soprattutto in un Veneto particolarmente punito dagli elettori. Il traguardo raggiunto del Pirellone ha coperto per poco i problemi del Carroccio che adesso stanno per esplodere. In primis la questione del segretario. Maroni aveva dichiarato che avrebbe lasciato la segreteria del partito sia che avesse vinto sia che avesse perso. Poi ha tentennato dicendo che avrebbe indetto il congresso federale. Ieri, o forse ieri l'altro, di notte, l'accelerazione di Bossi: «Adesso basta con questa pantomima del congresso, Bobo. Devi lasciare». Il senso del discorso del Senatùr: io mi sono fatto da parte, tu hai piazzato in Parlamento tutti i tuoi fedelissimi; io ho fatto un passo indietro sacrificando un mare di gente, tu hai proceduto ad epurazioni e stai dividendo il movimento. Guarda il risultato: tracollo.
Il Senatur, forse spinto da alcuni suoi irriducibili seguaci, ora vuole tornare a dire la sua. E cercare di mettere ordine in un partito che si sta massacrando in lotte intestine. «Altrimenti me ne vado», è la minaccia del «capo». In via Bellerio, nell'ufficio di Bossi, è partita la processione di molti leghisti vicini a Maroni per cercare di dissuaderlo. «Ti prego, capo, non fare così. Se te ne vai è una ferita non rimarginabile». Ma una risposta Maroni l'ha data ieri, iscrivendosi al gruppo «Lista Civica Maroni presidente» e non del gruppo «Lega Nord». «Così, a norma di statuto, s'è messo fuori dal partito», dice un bossiano di ferro.
Nella Lega volano i coltelli. In Veneto la guerra è tra Zaia e Tosi. Entrambi si accusano del flop elettorale.
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