"9 euro? Troppi". Fornero e la confusione di sinistra sul salario minimo

L'ex ministro del lavoro solleva il tema dell'importo di un eventuale salario minimo. "Se ne deve discutere". L'argomento non è affatto secondario e anzi cela tutte le criticità del provvedimento sostenuto dalla sinistra

"9 euro? Troppi". Fornero e la confusione di sinistra sul salario minimo
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A parole e sulla carta, i progressisti sono tutti concordi: schierati a favore del salario minimo. Nei fatti, però, non sono altrettanto allineati. Da una parte, infatti, raccontano quel provvedimento come la panacea di tutti mali, dall'altra non riescono invece a celare alcune indeterminatezze legate a una sua eventuale applicazione. A dimostrare come il dibattito in materia sia tutt'altro che esaurito è stata ieri sera Elsa Fornero. Pur dichiarandosi favorevole alla norma, l'ex ministro del Lavoro ha infatti sollevato la non secondaria questione dell'importo che andrebbe stabilito per legge.

"Il salario minimo credo che sia necessario e che se ne debba discutere, personalmente ritengo che 9 euro possano essere anche un po' tanti, forse 8-7, in ogni caso se ne deve discutere", ha affermato la professoressa su La7, facendo indispettire il giornalista Luca Telese. "Addirittura?", ha infatti chiosato quest'ultimo con un certo disappunto. E l'economista piemontese: "Sì, l'Italia è un Paese che si è molto impoverito e noi abbiamo oggi dei contratti anche con le sigle dei sindacati non pirata che hanno 5 euro e non ci scandalizziamo più di tanto". Ancora Telese: "Però è proprio per questo che serve il salario minimo. Se vogliamo che la gente si impoverisca lavorando, 5 euro all'ora vanno bene".

A quel punto, addentrandosi nell'argomento, Fornero ha chiarito meglio la propria posizione: "Ma no, adesso non mi faccia dire una cosa che non ho detto. Io sono a favore del salario minimo, so che potrà essere uno choc e ritengo che qualche volta gli choc ci vogliano. Magari si può discutere se debba essere 9 o 8 euro (...) Fare un decreto che impone il salario minimo e poi vedere che mancano i decreti attuativi che lo rendono una realtà sarebbe un'altra occasione persa". La professoressa ha quindi ribadito che, a suo avviso, tutto dovrebbe essere definito nei minimi dettagli. A cominciare dalla già citata decisione sull'importo, "se deve essere uguale in tutto il Paese e così via...".

Bingo. Il tema toccato dall'ex ministro è uno di quelli che svelano tutta l'indefinitezza presente sull'argomento tra i progressisti. Parlare in toni propagandistici di salario minimo è infatti semplice e non costa nulla, pensare concretamente a quella norma un po' meno. La questione dell'importo, peraltro, non è affatto di lana caprina, ma sostanziale. Dirimente. Spiegato facile: se l'importo fissato per legge è troppo basso, non serve a nulla; se è troppo alto rischia invece di alimentare lavoro nero, inflazione e contratti pirata. Con ripercussioni potenzialmente negative sia sugli occupati sia sulle imprese, che potrebbero riversare i maggiori costi del lavoro sui consumatori, determinando un ulteriore aumento dei prezzi dei prodotti dalle stesse commercializzati.

Quello

presentato dalla sinistra come un provvedimento risolutivo e di semplice applicazione, rischia insomma di trasformarsi in un ulteriore elemento divisivo anche tra i suoi stessi promotori. Le avvisaglie ci sono già tutte.

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