Il contenzioso fa notizia solo se è anti-Cav

Mediolanum ha una richiesta dal Fisco per 334 milioni per la controllata irlandese. Ma contenziosi come questi, per le banche italiane, ce ne sono a decine

Il contenzioso fa notizia solo se è anti-Cav

Il Fisco chiede al gruppo Mediolanum 344 milioni. È il risultato di un accertamento per presunte evasioni Irap e Ires nel 2006 e 2007, imputate alle società irlandesi del gruppo, i cui ricavi sarebbero stati gonfiati ai danni di quelle italiane, tassate di più. C'è scritto sul bilancio 2012, appena reso pubblico. Mediolanum è controllata (con il 51%) da un patto di sindacato paritetico tra Ennio Doris e la Fininvest. Quest'ultima fa riferimento a Silvio Berlusconi, il cui fratello Paolo controlla il Giornale. Ma anche dopo codesto doveroso riepilogo sulle proprietà in campo, non temiamo di considerare «ridicolo» il risalto dato ieri dai media (telegiornali, web, flash di agenzie) alla richiesta del Fisco nei confronti di Mediolanum. Ridicolo ancorché strumentale alla formazione di un giudizio politico, essendo Berlusconi impegnato nelle stesse ore a giocare la complessa partita per il governo del Paese.

Non si tratta di una valutazione di parte, bensì di un dato di fatto: contenziosi come questi, per le banche italiane, ce ne sono a decine. E i più recenti vengono alla luce in questi giorni insieme alle relazioni dei bilanci 2012, nei quali le banche quotate in Borsa sono tenute a riportare anche tutte le situazioni potenzialmente pericolose per il valore della società. Ecco perché ieri si è saputo di Mediolanum: c'era scritto sul progetto di bilancio. Il fatto anomalo è il peso che è stato dato a questa informazione. Non si tratta, e qui non lo facciamo, di difendere le eventuali evasioni fiscali di Doris: il Fisco fa bene a fare i suoi accertamenti e, nel caso, a chiedere il dovuto; così come Doris fa bene a dire che l'analisi del Fisco italiano è «illegittima» ed «errata». Dopodiché è singolare sentirlo dire in prima serata alla tivù.

Qualcuno ricorda forse un grande risalto dato, qualche giorno fa, a un contenzioso fiscale ancora più grande, quello da 440 milioni emerso sul bilancio del Banco Popolare, relativamente alla società Aletti? Eppure tant'è: riguarda il trattamento fiscale di complessi prodotti derivati. Se poi vogliamo salire di livello, ci possiamo sbizzarrire con Intesa San Paolo: dal bilancio reso pubblico la scorsa settimana dalla prima banca italiana emerge un contenzioso complessivo pari a oltre 1,1 miliardi. Eppure non ricordiamo, in quei giorni, grande pubblicità alla notizia. Come è giusto che sia, trattandosi di semplici pretese del Fisco. Tanto per avere un'idea dei reali rischi che tali richieste rappresentano si può leggere - sempre sul bilancio di Intesa - come è andato a finire l'ultimo di questi contenziosi: nel novembre scorso Intesa ha definito una contestazione per «abuso di diritto», pari a una pretesa erariale di 385 milioni, con un esborso di 44. Perché questa è poi la dimensione reale dei rischi: nell'ordine di un decimo delle richieste erariali.

In altri termini, Mediolanum si trova di fronte a un caso di scuola (per un fatto fin dall'anno scorso, con la differenza che ora entrano in gioco anche esercizi successivi ai primi accertamenti): quello di un Fisco che da qualche anno va a pescare nelle banche, dove la complessità dei prodotti, l'applicazione di benefici fiscali, piuttosto che l'utilizzo di sedi fiscalmente agevolate genera materia per accertamenti, contenziosi e transazioni.

In qualche caso anche indagini della magistratura, come è accaduto al ministro dello Sviluppo Corrado Passera relativamente a contestati crediti d'imposta del gruppo Intesa, che ha guidato fino al novembre 2011. O addirittura rinvii a giudizio, come è capitato ad Alessandro Profumo in Unicredit, per la frode fiscale denominata «Brontos». Ma queste sono altre storie.

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