Per i sacerdoti del 25 aprile il governissimo è fascismo

La piazza rossa tenta di delegittimare l'avversario che non sa battere alle urne: pur di fermare il dialogo tra Pd e Pdl la "nuova resistenza" usa metodi razzisti

Per i sacerdoti del 25 aprile il governissimo è fascismo

È una moda che dura da anni: il 25 Aprile c'è sempre qualcuno a sinistra che finge di dover fare una seconda (terza, quarta...) Resistenza contro i suoi nuovi nemici, scelti fra coloro che dovrebbero essere battuti politicamente e non con anatemi, disprezzo, derisione nauseata secondo le formule usate per primo da Goebbels, ma nei seggi elettorali. Ieri abbiamo avuto un 25 Aprile «resistente» contro i ministri del Pdl nell'imminente governo Letta. Incredibile? No, credibilissimo. Tutto quel che è accaduto dalle elezioni di febbraio a oggi, la stasi contorta del Pd e di conseguenza quella della politica, ha a che fare con questa faccenda che merita di essere chiamata per nome: razzismo. Il razzismo consiste nell'aggredire un'identità, quale che sia. E i nuovi resistenti aggrediscono e rigettano con disprezzo l'identità del Pdl rifiutando i suoi esponenti. Non si tratta soltanto di Berlusconi, ma di chiunque ci abbia messo la faccia, si tratti di Brunetta o Schifani, Gelmini o Alfano o Sacconi o chiunque altro.

Bersani ha inchiodato l'Italia per due mesi letali, proprio perché ha scelto di privilegiare il suo personale tornaconto di segretario (tenere unito un partito arrivato ai veleni e ai coltelli) piuttosto che privilegiare il tornaconto dei cittadini. E così facendo ha provocato ulteriori rovine sia al suo partito che alla Repubblica. Ieri abbiamo sentito Nichi Vendola equiparare, i «berlusconiani» ai fascisti. Una signora solitamente misurata come la senatrice Laura Puppato suggerisce ad Enrico Letta di gettare la spugna piuttosto che accettare nel governo Alfano e Schifani per un «problema di coscienza».

Tutti i grandi giornali danno conto delle scene di dolore, di torcibudella, di disperazione e rabbia, del popolo della sinistra specialmente giovanile, turbato, piangente, rattrappito dall'orrore. La causa sta nell'antica scelta, fin dai tempi di Craxi, di trattare gli avversari politici non come contendenti contro cui battersi secondo le regole della Costituzione, ma come mostri abbietti, pendagli da forca, avanzi di galera, pura canaglia. I loro milioni di elettori? Stessa risma. Ricordo una sera Eugenio Scalfari ospite delle Invasioni barbariche dire alla Bignardi che tutti i milioni di italiani che votano per il Pdl e per Berlusconi sono degli imbecilli. Forse disse cretini, non ricordo, ma ricordo che la stessa Bignardi si sentì in dovere di ricordare al suo interlocutore che in democrazia si deve prima di tutto rispettare il popolo sovrano. Rispose un elegante sorriso e una più elegante ancora alzata di spalle.

La scelta razzista è stata strategica: basta educare una intera generazione a considerare l'avversario un repellente mostro da abbattere, e il frutto avvelenato arriva presto a maturazione. Quando poi persone con la testa sulle spalle come Zanda o Flores D'Arcais arrivano a chiedere l'ineleggibilità di un avversario che non riescono a battere alle elezioni, si vede quanto siano lontani da un'idea vagamente liberale della democrazia. L'idea di stoppare un leader scelto da milioni di italiani come rappresentante con una fucilata in fronte non li turba affatto.

E anche una parte del peggior grillismo è alimentato ed è cresciuto da quelle stesse radici. Quando in vecchi sketch di vent'anni fa Grillo diceva che tutti i socialisti erano ladri, praticava il razzismo di convenienza dell'epoca. Chi oggi pompa una flebo di tossine nelle vene dei giovani (i quali grazie alla meravigliosa scuola italiana raramente sanno qualcosa del passato e del presente) commette un delitto contro la democrazia. Lo schema è questo: stabilire - e ripetere senza sosta - che gli italiani che si riconoscono in Berlusconi sono minorati mentali, o minorati morali, o minorati culturali. Se queste etichette marchiano un terzo o metà del Paese, a loro poco importa. E per perfezionare questo pregiudizio razziale, i nomi e le facce dei singoli rappresentanti del Pdl, maschi e femmine, vengono esposti alla gogna: figure ridicole, per l'appunto «impresentabili», inaccettabili. Preferirebbero, pensate un po', esseri umani periferici, mai visti e irriconoscibili come rappresentanti del centrodestra. Insomma la rimozione dell'identità, una piccola soluzione finale ad personam.

Questo è il motivo per cui l'Italia ha dovuto pagare un ticket pari a un punto di Pil: per non esporre le giovani generazioni geneticamente e storicamente modificate alla contaminazione di un governo contaminato dai paria dagli «impresentabili» che non hanno diritto ad esporre la faccia.

Il 25 Aprile è per questo una data appetitosa: i «nuovi» resistenti la eleggono a pretesto infischiandosene della storia. Cosa c'è di più comodo che dare del «fascista» a chi non si riesce a battere? Anche Enrico Letta in questi giorni è stato messo sotto pressione dalla «nuova resistenza» che gli sta col fiato sul collo ingiungendogli di mascherare, ridurre, negare, omettere, non lasciar trapelare che il suo governo è un governo di onesta collaborazione fra Pd, Pdl e Scelta civica.

Sarebbe finalmente un successo della nostra democrazia legata al letto di contenzione se finalmente lo capissero: il nascente governo Letta sarà un ritorno alla realtà, visto che il Pd ha vinto il consenso soltanto di un terzo degli italiani e dunque si deve adattare a governare o a tornare subito alle elezioni. Elezioni che, a quanto dicono tutti i sondaggi, Berlusconi stravincerebbe.

E dunque il loro 25 Aprile consiste nella scelta dello struzzo: la testa sotto la sabbia per non vedere, negare l'evidenza e mantenere sotto naftalina i cervelli di una generazione. E desta veramente sorpresa che anche una persona responsabile come Rosy Bindi sia della partita chiedendo che il trucco dell'omissione, della visibilità del Pdl sia garantito.

È grazie a questo razzismo, a questa fatwa idiota e continua che prende piede l'incosciente e pericolosa tracotanza che sprizza dal Movimento Cinque Stelle. Quando si circonda il Parlamento, quando si inseguono i deputati e i senatori al ristorante, quando si alimenta il clima di violenza latente che si esprime per urla, improperi, slogan eccitati mettendo a tacere sia la ragione che il bene superiore del Paese, si scherza col fuoco. Quando si creano le premesse per l'umiliazione definitiva di quel che resta della democrazia, si apre la strada a un regime autoritario anche se privo di autorità, qualsiasi autorità. Con pratiche e sentimenti simili sono nati i nazionalsocialismi del secolo scorso.

La storia si ripete con maschere diverse, ma non vorremmo trovarci nella condizione di dover davvero resistere a una montata reazionaria, anche se mascherata con i colori della sinistra. Nel Pd sono molti a condividere queste preoccupazioni, ma tardano a venire allo scoperto. Speriamo che, in nome dello spirito della Liberazione, si diano una mossa.

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