Gentile Direttore,
sono stato riempito di critiche per avere espresso un'opinione molto semplice, che non si presta ad equivoci, di nessun tipo. La mia opinione è che o si trova una soluzione politica che ripristini un normale equilibrio fra i poteri dello Stato, gravemente alterato dalla magistratura, e si restituisce l'agibilità politica al leader del maggior partito italiano, oppure c'è il rischio - il rischio - di una nuova forma di guerra civile. Solo dei politici ignoranti, privi della sia pur minima cultura storica possono far finta di non capire il nocciolo di verità della mia opinione. D'altra parte chi mi ha attaccato è anche sfortunato, perché nello stesso giorno, il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, ha scritto, per sostenere una tesi diversa dalla mia, di un Paese «piagato da una ventennale guerra civile».
In effetti, chi conosce la storia dell'Italia, dal Dopoguerra ad oggi, sa bene che una guerra civile strisciante, mai dichiarata ma dagli effetti ugualmente drammatici, ha caratterizzato senza interruzione l'intera vita politica. La divisione dell'Italia durante la Resistenza, le stragi dei decenni successivi, il terrorismo, lo scontro ideologico fra comunismo e libertà, fino all'eliminazione per via giudiziaria dei partiti democratici della cosiddetta Prima Repubblica, raccontano di un'Italia perennemente sull'orlo di una guerra civile, di una contrapposizione politica che ha deformato ogni istituzione e ogni angolo della società.
Oggi che il disegno di eliminare anche Silvio Berlusconi dalla vita politica, perseguito dal 1994 in poi, è giunto a compimento, che cosa dovremmo dire? Che non siamo di fronte ad un nuovo capitolo di una guerra civile, non combattuta con le armi ma ugualmente violenta negli esiti finali? Come dobbiamo definire una sentenza che toglie i diritti politici e infligge il carcere, pur se domiciliare, al leader del partito di maggioranza relativa che è stato più volte presidente del Consiglio? E tutto questo - badate bene - per una supposta infrazione di carattere amministrativo, un'ipotetica evasione fiscale compiuta da una azienda in cui Berlusconi non ha più da decenni alcuna responsabilità formale. Che cosa sarebbe avvenuto in Italia se un trattamento giudiziario simile fosse stato inflitto ad un leader storico della sinistra? Non oso neppure immaginarlo. L'Italia sta vivendo un altro momento della propria storia in cui il tragico e il grottesco si uniscono inscindibilmente. Un altro momento storico in cui scopriamo di non essere un Paese predisposto al bene o alla conciliazione, ma in cui la ferocia e la barbarie possono scoppiare e esplodere in ogni momento, accanendosi preferibilmente contro capri espiatori delle colpe nazionali. Le mie parole erano rivolte alla politica, quella vera, la politica che sa scongiurare le divisioni e le rotture insanabili.
In questo momento solo la politica può salvare l'Italia dalla rovina, dalla disgregazione politica e da conflitti che possono avere esiti imprevedibili. Solo la politica può trovare quelle soluzioni che restituiscano serenità al Paese, permettendo innanzitutto al leader del più importante movimento politico del nostro Paese di non essere privato della propria libertà personale e di rappresentanza degli interessi e delle speranze della maggioranza degli italiani. Se la politica mancherà a queste responsabilità, l'Italia continuerà purtroppo ad essere avvelenata da una latente guerra civile, sì una latente guerra civile che è un tratto permanente della nostra storia nazionale, almeno dalla nascita del fascismo in avanti.
Chi mi conosce sa che sono personalmente uomo di concordia e di conciliazione, ma questo non mi impedisce di guardare in faccia la realtà per quanto essa mi spaventi e mi faccia orrore.
Sandro Bondi
Senatore, coordinatore Pdl
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