Una cosa è certa: Quagliariello farà, come il suo nome chiede, il salto della quaglia. Già nella sua lungimiranza aveva manifestato la sua propensione per Monti, e Berlusconi lo ha premiato facendolo nominare ministro. Ora vuole la pacificazione, e denuncia chi vuol fare cadere il governo, fingendo d'ignorare che quelli con i quali vuole stare sono gli stessi che considerano Berlusconi un delinquente.
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Non ho difeso Scajola, quando è stato accusato di aver avuto favori «a sua insaputa». Io ritengo grave essere inconsapevoli, e posso concederlo a Berlusconi, ma non a un democristiano di consolidata tradizione. Ma da giorni penso che, davanti al nostro patrimonio abbandonato, e al nostro paesaggio devastato, accusarlo per il possesso di un'anfora romana, con titoli di giornale cubitali, è una inutile vigliaccata, che ha le caratteristiche di uno sfregio: «Anche ricettatore!». Siamo al furto della mela, proiettato in ambito istituzionale. L'anfora in questione è priva di ogni interesse storico e artistico. Non ha alcun carattere di rarità e tanto meno di unicità. Rispetto al mondo antico, ha il valore di una sedia da bar di plastica. Ed è perfetta come arredo da ristorante di pesce. Non ha tipologie specifiche da un mare all'altro, ed è un multiplo conservato in migliaia di esemplari nei depositi dei musei. Si dirà: ma questo non giustifica Scajola (che, peraltro, si era munito di una regolare autorizzazione, che bastava a rendere inesistente la notizia, e anche la notitia criminis). Occorrerà allora, davanti allo sfascio del patrimonio artistico, nell'indifferenza dello Stato e dei giornalisti (andate a vedere le condizioni del Santuario di Persefone in contrada Mannella a Locri, da cui provengono le celebri pinakes), dire che il valore dell'anfora «ricettata» da Scaiola è non superiore ai 300 euro.
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Una cosa è certa: se viene dimesso Berlusconi, si devono dimettere tutti i suoi deputati e i suoi ministri, perché nessuno di loro ha avuto un voto proprio. Sono stati eletti e nominati come emanazioni di lui. Sarebbe dunque un paradosso che lui, che è stato votato, fosse fuori, e loro dentro.
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