Sotto l'albero un governo da buttare

Il problema non è che Letta e il suo governo non hanno fatto nulla di quanto promesso, è che ogni volta che si sono mossi hanno fatto disastri

Sotto l'albero un governo da buttare

Tempo di bilanci. Oggi il premier Letta terrà la conferenza stampa di Natale. Prepariamoci a parole autoassolutorie o addirittura di grande (e vibrante, direbbe Crozza) soddisfazione. È vero che a Natale si è tutti più buoni e comprensivi, però c'è un limite. Il problema non è che lui e il suo governo non hanno fatto nulla di quanto promesso, è che ogni volta che si sono mossi hanno fatto disastri.

Se fossero stati fermi come statuine ci saremmo risparmiati l'aumento dell'Iva e delle tasse sulla casa, alle quali quel genio di Saccomanni ha cambiato nome almeno tre volte per cercare di depistare l'opinione pubblica. È un personaggio buffo, Saccomanni. Si spaccia per banchiere ed economista, ma è a metà tra un comico e uno zanza (truffatore). Se ne sono accorti anche in Confindustria, alla quale voleva spacciare per vero il taglio del costo del lavoro.
Non parliamo della Kyenge, la simpatica congolese naturalizzata italiana, novità assoluta del governo. Mi criticano - sostiene - perché donna e di colore. Non ha capito che l'avevano messa lì, senza alcun merito, proprio e solo perché donna e di colore. Si lascia alle spalle qualche centinaio di morti, disperati trattati come bestie nei centri di accoglienza, altri che si cuciono (con ago e filo) la bocca per protesta. Passerà alle cronache per averci fatto conoscere la sua crisi coniugale con un marito italianissimo che l'ha bollata come «incapace».

Stendiamo un velo pietoso anche sul ministro della Giustizia Cancellieri. Imposta e protetta manco fosse un panda da Napolitano, ha trascinato il governo (e l'immagine del Paese) nello scandalo Ligresti e in quello dei serial killer in permesso premio. In compenso, di riforma della giustizia non se ne parla, dare una regolata alla magistratura fuori controllo resta una chimera. Il suo collega degli Interni, Alfano, scampato per un soffio allo scandalo kazako (la moglie del dissidente sequestrata dalla polizia italiana e rispedita in patria insieme alla figlia minorenne), è quasi riuscito nell'opera di far passare per criminali comuni gli artigiani e commercianti (cioè i suoi elettori) che, esausti, sono scesi in piazza con i forconi.
Che abbiamo poi un ministro dei Beni Culturali, tale Bray, lo sanno solo a Pompei, perché ogni giorno lo devono chiamare per avvisarlo che è crollato un altro pezzo della necropoli più famosa al mondo. Lui prende nota e ringrazia per la gentilezza. Altro bluff: Emma Bonino, ministro degli Esteri. Sul caso marò ha fatto l'indiana più degli indiani. Risultato: da quando ha preso in carico la pratica abbiamo acquisito la certezza che i nostri due soldati prigionieri potrebbero essere condannati a morte.

Detto che la ministra della Salute Lorenzin ha fatto un casino tale sul caso Stamina che è riuscita nella difficile e inedita impresa di far scendere in piazza con tanto di blocchi stradali malati terminali e bambini con poche speranze di vita.

E detto che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi si ricorda per l'inaugurazione a Napoli di una scala mobile che si è rotta con lui sopra (e per essersi fatto menare per il naso su Alitalia dai francesi), degli altri ministri si conoscono nomi e facce solo grazie alle comparsate a Ballarò. In primis Gaetano Quagliariello, quello che doveva fare una ventina di riforme aiutato da altri saggi dati per dispersi. E poi dicono che i talk show non servono a niente...

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