Riccioli d’oro e ali: tornano di moda gli angeli custodi

Spuntano in libri, film e canzoni. E ora c’è pure l’enciclopedia che li classifica tutti

Riccioli d’oro e ali: tornano di moda gli angeli custodi

Si affacciano dalle vetrine e decorano le nostre case, con gli immancabili riccioli e le ali. Sono gli angeli. Il Natale ci riavvicina a queste creature celesti: ne sono pieni gli episodi evangelici, le decorazioni e i presepi. Nelle tradizioni culturali e religiose ce ne sono per tutti i gusti: angeli dell'abisso e angeli dell'aria, dell'amicizia, delle piogge, delle foreste, e tanti altri fino agli immancabili angeli dell'Apocalisse e della morte. Un volume del Fondo Archivio Storico (F.A.S.) ha arricchito - è il caso di dirlo - la nostra conoscenza. L'Angelo di Dio, questo il titolo, è una sorta di «enciclopedia degli angeli» o di «pellegrinaggio angelico» scrive monsignor Giovanni Tonucci nella prefazione: da Zoroastro a Wim Wenders, passando per la Bibbia e le pitture rinascimentali.

Queste creature hanno sempre accompagnato la vita dell'uomo ed è tornato il momento di riscoprirle. Ne è convinto monsignor Renzo Lavatori, angelologo e demonologo tra i più esperti, con cui ci addentriamo in questo mondo. Tanto per cominciare gli angeli non hanno sesso e neanche le ali. Non prendono sembianze umane come nei film e non risolvono i «casi» degli uomini, semmai li illuminano. Accompagnano l'uomo da sempre, figure a volte mitiche, in ogni caso segni dell'anelito alla trascendenza: gli angeli sono «necessari», si potrebbe dire riecheggiando Massimo Cacciari.

Ma se spesso l'angelo si libra nel mondo dell'immaginazione, per il cristiano non è una suggestione o una invenzione: è creatura di Dio come noi, ma a differenza nostra è solo spirito ed è invisibile. «Non per questo è una energia vaga o un burattino»: come mostrano i racconti evangelici è una figura personale, un «io»: parla, agisce, risponde, è un essere libero, con un carattere, sensazioni, sentimenti. «Le facce tucte avien di fiamma viva / et l'ali d'oro, et l'altro tanto bianco / che nulla neve ad quel termine arriva»: Dante Alighieri così descriveva gli angeli nel suo viaggio ultraterreno. Non solo il loro aspetto ma anche la loro «organizzazione» in nove cori, poiché anche gli angeli hanno una gerarchia, dai serafini (i più vicini a Dio) ai semplici angeli custodi.

Da allora gli angeli sono fonte di ispirazione continua. Entrano nei versi delle poesie, da Emily Dickinson («Io so bene che dentro la mia stanza / c'è un amico invisibile») a Rainer Maria Rilke («di canti è l'essenza della loro anima»), nelle canzoni - da Il nostro caro angelo di Lucio Battisti a Se io fossi un angelo di Lucio Dalla, agli Angeli negri di Fausto Leali. Hanno colorato la fantasia e le tele di grandi pittori, e la creatività dei registi. In La vita è una cosa meravigliosa di Frank Capra, pellicola del '46, un angelo viene inviato sulla terra in soccorso di un aspirante suicida. Ci sono Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica, La città degli angeli (1998), con Nicholas Cage, e il più recente La vita degli altri (2006). Ma è Wim Wenders a firmare due pellicole «immortali»: Il cielo sopra Berlino (1987) e Così lontano così vicino (1993).

«Riscoprire l'angelo ha un forte valore antropologico - sottolinea monsignor Lavatori -: l'uomo ha sviluppato molto la dimensione corporea e quasi per nulla quella spirituale». Quest'ultima è oggi trascurata o relegata alle filosofie esoteriche, e il confine tra il beneficio e il maleficio diventa molto sottile. Gli angeli, invece, aiutano l'uomo a riscoprire la sua identità, mista di debolezza (a causa della corporeità) e di nobiltà (per la natura spirituale). Tuttavia l'uomo non è chiamato ad «angelicarsi». «L'uomo deve essere uomo, non angelo. L'uomo è santo con il corpo, non se rinuncia al corpo» e l'angelo può aiutarlo.

Come si entra in rapporto con gli angeli? «Per ascoltarli sono necessarie due caratteristiche: il silenzio e la sensibilità spirituale». Essi sono comunque presenti nella nostra vita, in particolare l'angelo custode, sorta di compagno «personalizzato» che è sempre con noi. Come ha detto Papa Francesco: «La loro presenza rafforzi in ciascuno di voi la certezza che Dio vi accompagna nel cammino della vita». E se è vero che gli angeli non si «incarnano», tuttavia è lecito chiamare «angeli» alcune persone che agiscono per noi in modo simile... «come un angelo». O i bambini piccoli che troppo presto «volano in cielo».

La Chiesa ha sempre favorito il culto degli angeli, ma non l'adorazione: quella spetta a Dio, e gli angeli, per quanto elevati, sono pur sempre creature. Gli angeli non sostituiscono Cristo - che è Dio - ma lo servono, sono mediatori, al modo dei santi, tra l'uomo e la Sua azione salvifica. L'adorazione si deve a Dio solo, a Dio che a Natale si fa carne - non angelo.

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