Roma chiama Milano. 7 gennaio, ricordo di Acca Larentia. Polemiche dell’Anpi, che cerca (inutilmente) di far saltare la commemorazione per Franco, Francesco e Stefano perché, così dicono i partigiani 2.0, metterebbe in pericolo la libertà e la sicurezza della Repubblica. Ovviamente non succede alcunché. 1300 persone si ritrovano. Per tre volte urlano “Presente”. Fanno il saluto romano, che poi romano non è mai stato ma che, in questo contesto, non è neppure illegale come ha sancito la Cassazione. Finito il tutto, i 1300 se ne tornano a casa. Nessuna rivolta. Nessuna marcia su Roma. Nessun “bivacco di manipoli”. Resta solo il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, col cerino (spento) in mano.
Milano, 9 gennaio. Nella notte, un anonimo coraggioso (anzi: un anonim* coraggios*) decide di imbrattare il murale dedicato a Sergio Ramelli in via Paladini, proprio dove il ragazzo viene aggredito mortalmente dai volenterosi carnefici di Avanguardia operaia che, armati di chiavi inglesi, lo colpiscono ovunque. Gli aprono il cranio. Sergio prova a proteggersi. Si fa scudo come può. Ma loro proseguono col massacro. Qualcuno dal balcone urla ai compagni di fermarsi. Che non possono uccidere un ragazzo indifeso. Ma non c’è nulla da fare. Il morto aveva una ed una sola colpa: aveva scritto un tema in cui aveva osato condannare le Brigate Rosse. Doveva pagare. E doveva farlo con la vita. Questa è la storia, che è bene ricordare visto che, come recita il titolo di un bel testo di Guido Giraudo, “fa ancora paura”. Poi c’è la cronaca, alla quale abbiamo accennato. Perché nella notte, sul murale (ora ripulito dai militanti di Gioventù nazionale) è apparsa la scritta “fasci appesi”. Slogan vecchio, come l’ideologia che lo muove. Ma che è stato rispolverato da chi non si è mai mosso dagli anni di Piombo o da quelli terribili della Guerra fratricida - e ben poco civile - seguita alla caduta del fascismo (e proseguita ben oltre la fine del Secondo conflitto mondiale).
Perché, ancora oggi, c’è chi i fasci appesi li vorrebbe davvero. Christian Raimo docet. È stato lui, firma de il Domani e maître à penser della sinistra, a teorizzare che i neonazisti “bisogna picchiarli”. Il problema è che per una certa sinistra fascisti sono un po’ tutti. Sicuramente lo è chi non sostiene l’immigrazione continua e spesso violenta; chi si ostina a dire che nelle nostre città c’è un problema di sicurezza; chi afferma che esistono due generi; chi dice che il comunismo è stato l’inferno in terra; chi sostiene che no, non si può occupare liberamente anche se poi finisci a fare l’eurodeputata. E fascista sarebbe, ovviamente, anche questo governo. Non a caso lo stesso Raimo affermava che il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara doveva essere colpito come la “morte nera”.
Ma è così che funziona la libertà per una certa sinistra: ti attacco, ti proibisco di parlare e di ricordare i tuoi morti, ti dico che devi morire. E poi denuncio il pericolo fascismo. Che non c’è, ovviamente. Ma è necessario per tenere in vita il caravanserraglio di Anpi & Co.
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