Ma Alfano prende tempo: "No alle urne nel 2015"

L'ex vicepremier arruola Albertini e dichiara: il nostro futuro non è il Cav. Fi: "Poltronisti"

Ma Alfano prende tempo: "No alle urne nel 2015"

Milano - «Noi abbiamo rispetto per la nostra storia, ma non siamo convinti che la nostra storia e il nostro futuro siano la stessa persona». Parola di Angelino Alfano che cento giorni dopo la «badogliata» di lasciare Silvio Berlusconi per tentare di far nascere il Nuovo centrodestra, ancora convive con il suo fantasma. Un complesso di Edipo che lo incatena, come si è capito anche ieri a Milano dove la macchina organizzativa ciellina (ormai padrona del nuovo partito soprattutto in Lombardia) gli ha messo in piedi un sabato mattina con imprenditori e professionisti al teatro Dal Verme solo qualche settimana fa stracolmo della comunità dei sardi trapiantati in Lombardia e ieri tutt'altro che pieno. In realtà un comizio elettorale a cui hanno partecipato un migliaio di «alfaniani» più o meno convinti della scelta di non entrare nella rinata Forza Italia. Almeno per ora. Certo il senso di smarrimento non deve essere stato molto, visto il decalogo recitato dal palco dall'ex delfino del Cavaliere. Il problema dell'Italia, ha spiegato Alfano, è la sfiducia del cittadino nello Stato. «Perché se lo Stato lo insegue, è chiaro che il cittadino fugge». E gli esempi sono gli eccessivi controlli fiscali e la burocrazia che tormenta gli imprenditori. Poi il cuneo fiscale, le tante tasse, i troppi giorni che servono per aprire un'impresa. I punti di un programma schiettamente berlusconiano che Alfano si limita a ripetere con diligenza. «Se il programma è lo stesso - dice uno in sala - e devo scegliere tra un partito con Berlusconi e uno con Alfano, allora voglio Berlusconi». Perché anche il resto ha l'inconfondibile marchio delle riforme liberali di marca berlusconiana. Il «partire dal lavoro» con diminuzione del cuneo fiscale e zero tasse per i nuovi assunti, l'assoluto «no alla patrimoniale», l'appoggio alla famiglia tradizionale (meno tasse a chi ha più figli) e la necessità «di smantellare la riforma Fornero». Tutto terribilmente già noto, niente di più dell'ultimo programma dell'allora Pdl per la campagna elettorale. La novità forse sono le primarie, magari con la speranza di vincere facile se sono i magistrati a togliere a Berlusconi la possibilità di essere un candidato premier.

«Pare una copia sbiadita di Forza Italia», replica l'ex ministro Mario Mauro all'invito a raggiungere l'Ncd. Uno schiaffo alla prima fila dove a fianco di Alfano ci sono il ministro Maurizio Lupi e il vice ministro Luigi Casero, Gaetano Quagliariello, Roberto Formigoni e fresco di atterraggio sul pianeta degli alfaniani l'oggi senatore Gabriele Albertini. Che pescato tra gli imprenditori metalmeccanici da Berlusconi che lo volle sindaco di Milano, lo abbandonò per tentare l'avventura con la Scelta civica di Mario Monti («Ora è una Sciolta civica»), per poi seguire Mario Mauro tra i Popolari per l'Italia e decidere ora di aggrapparsi alle bandiere di Ncd.

Ma il fantasma dell'opera è ancora il Berlusconi che non pensa «si andrà avanti fino al 2018. Fra un anno, dopo aver fatto la legge elettorale, si potrà andare a votare». Alfano che a differenza del Cav non ha capito Arrigo Sacchi, gioca di rimessa: «Non è vero che si voterà l'anno prossimo: abbiamo bisogno di un periodo di governo per abbassare le tasse e realizzare programma ambizioso». Immediata la reazione di Fi. «Prima la stabilità, adesso le tasse - ha twittato la portavoce alla Camera Mara Carfagna - C'è sempre qualcosa di “superiore” che impedisce ai cittadini di esprimersi con il loro voto. #èsoloquestionedipoltrone».

Per la deputata Daniela Santanché, «Alfano è stato in due governi per i quali l'unica cosa da fare e fatta è stato aumentare le tasse. L'ultima, la Tasi, vale un miliardo solo per le imprese. Ma dove pensa di andare se oltre a essere traditore è diventato anche un tassatore?».

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