È stato amico di Karol Wojtyla e pranzò con Giovanni Paolo anche il giorno in cui Ali Agca gli sparò. Ma Alberto Michelini, vaticanista di lungo corso e volto storico della Rai, non si scandalizza per la scelta di Papa Ratzinger: «Il suo non abbandonare la croce è una risposta alle speculazioni seguite all'affermazione, in buona fede, del cardinal Dziwisz che ricordò come lo stesso Wojtyla, gravemente malato, avesse detto: Cristo non scende dalla croce». Per Michelini, invece, non c'è una contraddizione di fondo fra quelle due posizioni che pure esprimono due temperamenti diversi: il Papa che viveva sul palcoscenico del mondo e il suo successore che predilige la solitudine della riflessione intellettuale. Non è questo il punto: «Don Stanislao, lo conosco troppo bene, non ha voluto dare un giudizio di merito ma ha solo marcato la testimonianza eroica di Wojtyla, un uomo vulcanico e instancabile che negli ultimi mesi era imbrigliato dal dolore e quasi impossibilitato a muoversi. E però altrettanto eroica e sofferta è stata la decisione di Benedetto di rinunciare al Soglio di Pietro. Conoscendo Papa Ratzinger posso immaginare la sofferenza che ha provato nel chiedere a Dio di allontanare da lui questo calice».
Insomma, se si parte dall'idea che la fede è un rapporto con il Signore, allora converrà invertire i termini del problema: Ratzinger, come Wojtyla, ha fatto la volontà di Dio perché Dio chiede cose diverse agli uomini. «Non è in realtà una grande croce l'aver rinunciato al pontificato, consapevole della gravità del gesto e sicuro anche di non essere capito subito fino in fondo?»
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