Ballottaggi, il Pd si prende i capoluoghi: vince a Roma, Brescia e Imperia

Complice l'astensionismo e l'assenza del Cav in campo, il Pd porta a casa un risultato tondo. Debacle della Lega a Treviso. Espugnato anche Imperia, feudo di Scajola

Ballottaggi, il Pd si prende i capoluoghi: vince a Roma, Brescia e Imperia

Il centrosinistra fa l'en plein e si porta a casa tutti i capoluoghi che andavano a rinnovare il sindaco. L'assenza di Silvio Berlusconi in campo, impegnato sul fronte nazionale nel tenere insieme il governo e a stendere il piano economico per rilanciare il Paese, spiana la strada al Pd che, complice il nuovo flop del Movimento 5 Stelle, incassa la vittoria trionfando sia a Roma sia a Brescia, entrambe città chiave governate dal Pdl negli ultimi cinque anni. Ma non solo. Dopo diciott'anni di indiscusso dominio del centrodestra, i democrat sfondano anche a Viterbo e, dopo vent'anni, strappano Treviso alla Lega e Imperia al Pdl. Insomma, tutti gli undici capoluoghi al ballottaggio vanno a sindaci del centrosinistra e si vanno a sommano ai cinque già vinti al primo turno (Sondrio, Pisa, Massa, Isernia e Vicenza).

Marino si riprende la Capitale

Nella corsa al Campidoglio Marino è riuscito a generare una valanga di consensi a cascata in tutte le zone della città. Un effetto che ha travolto anche i feudi della destra. Il sindaco uscente Gianni Alemanno, dopo essersi battuto contro ogni sondaggio, ha riconosciuto l’onore delle armi al primo istant pool. La sconfitta brucia di 28 punti di distacco: 64% contro 36%. Ma il voto patisce dell’astensionismo, ospite non gradito anche al primo turno: l’affluenza definitiva per l’elezione del sindaco si è attestata al 44,93% e crolla di ben otto punti percentuali rispetto allo scorso maggio (52,81%). "Mi prendo io tutte le colpe - ha commentato Alemanno - non siamo riusciti ad aggregare attorno a ciò che stavamo costruendo". Ma il sindaco uscente non sembra intenzionato ad arrendersi facilmente: "Si parla del de profundis del centrodestra. Se ne parlò anche durante la prima sconfitta. Poi dopo ho vinto contro Rutelli. Abbiamo le energie per ripartire, non facciamo questo errore". Intanto in casa del chirurgo dem si festeggia a ritmo di Bella Ciao. Dalle parti di Marino è un’altra storia: "Voglio far rinascere Roma. Spero che nei prossimi anni Roma possa essere orgogliosa di me. Sono tantissime le cose che devono essere fatte in questa città. La Capitale in cui credo è quella che premia il merito e che non si dimentica un solo istante di chi è rimasto un passo indietro". E poi guarda già al domani: "Dobbiamo lavorare sulla base non delle ideologie ma delle idealità. Dobbiamo far sentire a tutti che ognuno di noi è cittadino di Roma. E questo lo faremo partendo dal decoro urbano, dal traffico, dall’emergenza casa, dal problema lavoro. Noi dobbiamo rilanciare l’arte, la cultura e l’archeologia. Non dobbiamo possedere quello che abbiamo ma valorizzarlo". Da Marino sono subito accorsi il segretario del Pd Guglielmo Epifani e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.

A Treviso finisce l'era leghista

La roccaforte "verde" di Treviso non c’è più. È caduta dopo vent'anni travolgendo sotto le macerie il più irriducibile dei leghisti, l’84enne "sceriffo" Giancarlo Gentilini e con lui la Liga Veneta che a Cà Sugana aveva il proprio feudo. Era stata la prima città importante presa dalla Lega nel 1994. Sul municipio sventola adesso la bandiera del centrosinistra che vince con il 55% di Giovanni Manildo, avvocato 44enne di estrazione cattolica, scelto dall'area renziana del piddì. L’esito del voto è stato schiacciante 55,5% per Manildo, 44,5% per Gentilini, col partito di Maroni all’8%. Il candidato leghista partiva in svantaggio di 8 punti, e anche a causa dell’astensionismo - solo il 58,2% si è recato alle urne nel secondo turno - non ne ha recuperato nessuno. Anzi Manildo ha aumentato la distanzato. Segno che il nuovo sindaco deve aver pescato al ballottaggio consensi anche altrove. Con la sconfitta di Gentilini e della Lega a Treviso finisce un’epoca. "È finita l’era Gentilini, è finita l’era della Lega e del Pdl. Stop. Adesso Gentilini scompare dalla scena amministrativa e politica - ha detto l'esponente del Carroccio - alla gente non interessa la città di Treviso. Troppo ben abituati. Adesso ognuno si accontenterà di cosa farà la sinistra. Io non c’entro più nulla. Gentilini adesso sparisce". Dovrà inoltre rassegnarsi Gentilini a veder entrare a Cà Sugana il primo consigliere di origini straniere: Said Chaibi, un 22enne marocchino candidato da Sel. "Ti consegno la città...", ha detto Gentilini, in dialetto trevigiano, a Manildo.

Il centrodestra sfiora l'impresa a Siena

Ha sfiorato un’impresa che sarebbe stata storica, ma alla fine il candidato del centrodestra a Siena Eugenio Neri si è fermato al 47,9%, rimontando quasi interamente i sedici punti di svantaggio che aveva al primo turno nei confronti del candidato del Pd Bruno Valentini. Neri, commentando a caldo il risultato di oggi, se l’è presa con il Movimento 5 Stelle e la sinistra "antagonista" per il mancato sostegno: "È stata persa una grandissima occasione". Sobria l’esultanza di Valentini sia perché è consapevole del vantaggio comunque esiguo che ha ottenuto al secondo turno sia perché eredita una situazione molto difficile. Infatti la prima ’richiestà del neosindaco è rivolta al presidente della fondazione Monte dei Paschi, Gabriello Mancini: "Non prenda nessuna decisione di qui alla fine del suo mandato". Riuscirà il nuovo sindaco a gestire i rapporti tra politica, città e banca, che sono sempre più tesi? È quello che si domandano in molti. Intanto a Siena si sono dovute registrare con queste elezioni due novità: il ballottaggio che non capitava da venti anni e l’alto astensionismo.

Brescia torna al centrosinistra

Brescia torna ad essere governata dal centrosinistra. Con quasi 47mila voti, il 56,53% degli aventi diritto, i bresciani hanno scelto come loro nuovo sindaco il piddì Emilio Del Bono. Il sindaco uscente Adriano Paroli si è fermato al 43,47%. Una forbice di tredici punti percentuali e di quasi 11mila voti che dà un taglio netto ad un quinquennio di governo targato Pdl, Lega Nord e Udc. "Inizia un’ avventura, un’avventura difficile, ma sicuramente entusiasmante", è stato il commento a caldo dell’ormai ex capogruppo Pd in consiglio comunale, già deputato per tre legislature. Nel 2008 lo stesso Del Bono aveva incassato una pesante sconfitta contro Paroli, che era stato eletto con il 51,4% dei voti, il primo sindaco nella storia di Brescia ad essere scelto al primo turno da quando il primo cittadino viene votato direttamente dagli elettori. Allora Del Bono non aveva superato il 36%. Considerato il dato sull’ astensionismo (solo il 59% dei bresciani si è recato alle urne), ad essere determinante per la vittoria sembra essere stato l’apparentamento del centrosinistra con Laura Castelletti, ex consigliere comunale e annunciato vicesindaco di Brescia. Palpabile la delusione nella coalizione di centrodestra. "A livello nazionale è chiaro che c’era un’aria che tirava e che ha fatto sì che gli elettori di centro destra in gran parte disertassero le urne. Già al primo turno l’avevamo capito tutti – è stato il commento di Paroli – Il centro destra ha pagato maggiormente le larghe intese, che pure andavano fatte. I nostri elettori non hanno capito, sbagliando mi permetto di dire". Certo il lavoro del centro destra non finisce qui: "La mia opposizione - ha promesso l'ex sindaco - sarà tesa a dare risposte alla città".

Il feudo di Scajola va alla sinistra

Svolta storica a Imperia. Dopo vent'anni di governo del centrodestra, il Comune, feudo dell’ex ministro Claudio Scajola, è passato al centrosinistra, grazie anche ai voti dei dissidenti del Pdl che hanno seguito l’ex sindaco azzurro Paolo Strescino che ha creato una lista civica che ha appoggiato il candidato del centrosinistra. Così ha vinto con il 76,14% l’imprenditore Carlo Capacci. Il candidato del Pdl, l’avvocato Erminio Annoni, molto vicino a Scajola, si è fermato al 23,86%. Un distacco enorme, che si è allargato anche rispetto al primo turno, dove il Pdl aveva il 28% contro 46% del suo avversario. Scajola, anche se ha sempre sostenuto che il ballottaggio era un’altra partita, sapeva che era difficile. L’ex sindaco aveva azzerato la giunta per nominarne una tecnica dopo le inchieste sul porto d’Imperia, opera incompiuta. La scelta aprì una crisi che portò al commissariamento. Scajola ha poi sottolineato che "non ci si improvvisa politici e il fatto che il nostro candidato non avesse mai fatto politica e che sia il legale di alcuni degli imputati del processo sul porto, forse ha influito negativamente". Capacci era sostenuto dal Pd e da tre liste civiche Imperia Cambia, Imperia di tutti per tutti, e Laboratorio per Imperia, movimento di centrodestra che fa capo a Strescino. "Imperia ha scelto il cambiamento - ha commentato a caldo Capacci - ha capito il nostro progetto e da domani inizieremo subito a lavorare per la nostra città. Speriamo in un’opposizione costruttiva".

Dopo 18 anni Viterbo diventa rossa

Quella di Leonardo Michelini, neosindaco di Viterbo, è stata soprattutto un’impresa storica. Perché nella città dei Papi il centrodestra non ha mai perso un colpo dal 1995 a oggi, amministrando ininterrottamente e senza mai mettere a rischio la vittoria a palazzo dei Priori per 18 anni. Il 62,9% finale ottenuto dal centrosinistra, insomma, fino a ieri era una prerogativa della sponda opposta. Da presidente della Coldiretti a sindaco. Michelini, 63 anni ancora da compiere è sposato e padre di due figli. "Questo - dice Michelini - per la città è un cambio epocale. Come ci siamo riusciti? Abbiamo risvegliato una parte di Viterbo sopita, che in un momento come questo ha voluto partecipare. Non so se il merito sia mio, ma intorno alla mia candidatura si sono trovare molte persone. Ha fatto da collante". La mossa probabilmente determinante è stata la lista civica "Oltre le mura" dove sono confluiti esponenti del centro destra scontenti della propria parte politica. Dopo cinque anni è costretto a cedere il passo Giulio Marini. "Il risultato - ha commentato - purtroppo non mi sorprende più di tanto, perchè in questo periodo abbiamo dovuto affrontare tanti problemi. Però non ho nulla da rimproverarmi: ho fatto tutto quello che dovevo, ho fatto fino in fondo il mio dovere".

A Iglesias la sinistra espugna la raccofarto Udc

Il centrosinistra espugna una delle roccaforti del centrodestra e guarda già alla sfida per le regionali di fine gennaio 2014. Ad Iglesias, unico capoluogo di provincia chiamato al voto, il nuovo sindaco è Emilio Gariazzo, medico 56enne: al ballottaggio aveva superato con il 51,6% il candidato del centrodestra Gian Marco Eltrudis (48,3%), sostenuto solo da Pdl e Udc e in corsa sotto il simbolo di una lista civica. I cittadini, pur riconfermando la fiducia all’Udc - primo partito in città con oltre il 35% - non hanno perdonato al centrodestra il commissariamento del Comune, dopo una crisi che ha portato alle dimissioni dell’organo politico. Perde consensi, invece, il Pdl, partito del presidente della Regione Ugo Cappellacci, il cui nonno fu sindaco proprio di Iglesias. "I problemi sono tanti - ha spiegato Gariazzo - ci aspetta molto lavoro e ci impegneremo per affrontare tutte le sfide". Indietro di 400 voti, Eltrudis ammette la sconfitta ma è pronto ad accogliere la sfida del confronto con lo schieramento opposto "per unire una città che oggi appare divisa in due".

A Lodi si conferma il centrosinistra

Vince e si conferma, anche se non è proprio un trionfo clamoroso, il centrosinistra a Lodi, nella Bassa Padana. Simone Uggetti, 39enne ex assessore all’Urbanistica e alle attività produttive della giunta precedente di Lorenzo Guerini, si proponeva in "continuità con la buona gestione precedente": è il nuovo sindaco della cittadina lombarda con il 53,6% dei voti. Una delle liste civiche che sosteneva Uggetti non a caso si chiama "Nel solco di Guerini". Il nuovo primo cittadino si presentava favorito al ballottaggio contro il candidato del centrodestra con nove punti di vantaggio sulla leghista Giuliana Cominetti che al primo turno aveva ottenuto il 34%. Inutile si è rivelato l’apparentamento della Cominetti, peraltro l’unico prima del ballottaggio, con il partito dei Pensionati che al primo turno i pensionati avevano ottenuto il 2%.

A Barletta vince Casella

È arrivato al comitato elettorale avvolto nel tricolore per festeggiare la sua elezione a sindaco di Barletta Pasquale Cascella, giornalista ed ex portavoce del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sostenuto dal centrosinistra, Cascella ha battuto al ballottaggio con il 62,89% l’avversario del centrodestra, l’imprenditore Giovanni Alfarano (37,1%). Cascella ha anticipato alcune di quelle che saranno le scelte per l’amministrazione: in giunta ci saranno un docente universitario di diritto internazionale, il professor Ugo Villani, ma anche giovani e donne con competenze e professionalità. "Abolirò l’assessorato all’edilizia - ha detto ancora - si chiamerà all’urbanistica e la delega resterà al sindaco". Subito dopo, per strada, davanti al suo comitato elettorale, ha festeggiato con i sostenitori con una grande torta ricoperta di pasta di mandorle decorata con lo stemma della città. Il nuovo sindaco ha annunciato che la prima riunione del Consiglio comunale si terrà all’interno del castello.

Ad Avellino vince il piddì Foti

È Paolo Foti il nuovo sindaco di Avellino: il candidato del Pd è stato eletto nel turno di ballottaggio con il 60,5%, pari a 15.120 voti. Costantino Preziosi, candidato dell’Udc, si è invece fermato al 39,4%, pari a 9.844 voti in un contesto nel quale si è registrato un ulteriore abbassamento dei votanti. Ma la sfida tra Foti e Preziosi ha messo di fronte anche due big della ex Dc, Ciriaco De Mita (sostenitore di Preziosi) e Nicola Mancino (a favore di Foti). Più defilata la campagna elettorale dell’ex vicepresidente del Csm, all’insegna dell’impegno diretto e senza risparmio quella dell’ex premier. Tra i due, che hanno condiviso un percorso di oltre quarant’anni che li ha visti ricoprire incarichi di vertice nei governi e all’interno del partito, sono volate anche parole grosse nelle ultime ore che hanno preceduto il ballottaggio con De Mita che ha accusato Mancino di "reclutare ascari per sostenere Foti", ricevendo da Mancino una piccata replica "sull’onnipotenza intellettuale" che però non ha impedito a De Mita di "ridurre il suo partito, l’Udc, a prefisso telefonico". Dalle loro «ombre», che non pochi nei rispettivi quartier generali dei due competitori ritenevano "ingombranti se non controproducenti", Foti e Preziosi non hanno mai preso le distanze. Il candidato centrista ha fatto cadere su di sé ogni responsabilità per la sconfitta.

Ad Ancona si conferma il centrosinistra

Ancona conferma la fiducia al centrosinistra e si affida a Valeria Mancinelli, primo sindaco donna della città, che batte con un robusto 62,6% il candidato del centrodestra Italo D’Angelo, sostenuto da due liste civiche e dal Pdl, rimasto fermo al 37,4%. Ma l’entusiasmo per l’elezione del nuovo sindaco, che chiude una stagione amministrativa sofferta, dopo una sindacatura durata tre anni e il commissariamento, è raggelato dal dato dell’astensionismo: ha votato meno della metà degli elettori, il 41,8%. Non banalizza la disaffezione dei cittadini la neoeletta, 58enne avvocato amministrativista e presidente di alcune municipalizzate: "Se mi sento delegittimata? Io porto sulle spalle la delegittimazione della politica, e il mio primo impegno è di ridarle credibilità e dignità. Abbiamo cercato di dare segnali di 'ravvedimento operoso' e una parte della città ha creduto alla serietà del cambiamento. A un’altra parte questo non è bastato, e posso capirlo".

Incassa il colpo D’Angelo, avvocato pure lui, una lunga carriera in polizia (questore di Pesaro Urbino il suo ultimo incarico). "Amareggiato? Assolutamente no: 12.400 preferenze sono un risultato importante, che mi impegna a un’opposizione costruttiva, che farò nell’interesse della città".

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