"Banana, Caimano". 30 anni di insulti al Cav, nemmeno ora la sinistra si scusa

Lo hanno infamato per decenni, con offese e insinuazioni. Lo hanno accusato di tutto. Ma gli anti-Cav nemmeno ora si scusano: anzi, sostengono che a esacerbare i toni fosse proprio Berlusconi

"Banana, Caimano". 30 anni di insulti al Cav, nemmeno ora la sinistra si scusa
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Lo hanno infamato per decenni, affibiandogli nomignoli insultanti: Caimano, Al Tappone, Bandanano, Burlesquoni, Banana, Berluskaiser. Cavaliere nero. E quello era ancora niente. Le offese erano infatti all'ordine del giorno, accompagnate da livori gratuiti e da insinuazioni che travolgevano non solo il leader politico ma anche la persona e il suo privato. Per oltre trent'anni Silvio Berlusconi è stato il bersaglio preferito della sinistra, il parafulmine delle frustrazioni progressiste. Gliene hanno dette di tutti i colori, lo hanno accusato di qualsiasi cosa e dipinto come un satanasso (l'unico diavolo, invece, era quello vittorioso del suo Milan). E l'odio non si è fermato nemmeno dopo la sua morte; le ostilità sono proseguite quasi d'istinto. Qualcuno, addirittura, ha festeggiato la sua dipartita.

Il colmo è che, nonostante tutto questo, a sinistra continuano a sostenere che quello "divisivo" fosse lui. Che faccia tosta. Sostengono che il Cavaliere avesse avvelenato il clima in Italia e alimentato dissapori. Nulla di più falso: è infatti notorio che, se avesse potuto, Berlusconi avrebbe cercato di convertire uno a uno anche i suoi più strenui detrattori. L'uomo era così. Quando i sondaggi gli davano il 75% di fiducia, lui si chiedeva come mai il restante 25% non lo apprezzasse. Con mentalità dell'imprenditore che gli era propria, cercava sempre di unire, di affabulare, di convincere l'interlocutore; non di dividere. Se c'erano contrasti, l'ex premier cercava di smorzarli e all'occorrenza - per sdrammatizzare - sfoderava qualche barzelletta delle sue. Risultato: tutti ridevano, gli anti-Silvio schiumavano di rabbia.

"Tenendo i rapporti con gli altri bisogna tendere alla massima cordialità, per creare una reciproca simpatia. E uno degli strumenti per arrivare a farlo sono le storielle", spiegava lo stesso Berlusconi ai giovanissimi in uno dei suoi video lanciati su TikTok nei mesi scorsi. Certo, quando si trattava di duellare il Cavaliere non si sottraeva al confronto ed era anche in grado di rifilare colpi ben assestati. Nulla a che vedere, però, con certi sgambetti che i suoi detrattori gli hanno riservato nel corso di mille battaglie. A sinistra se la sono presa persino con le sue televisioni, accusandole di aver traviato gli italiani con la loro programmazione. Ad ascoltare una certa narrazione, sembrava che Berlusconi fosse il principale problema del Paese. Inutile far notare come, invece, la maggioranza degli italiani non lo abbia mai pensato.

Lo chiamavano "il Caimano", nomigliono abbastanza evocativo e non certo affettuoso. Beppe Grillo gli dava dello "psiconano" e quello era persino l'appellativo più gentile. Marco Travaglio lo aveva ribattezzato "l'Innominabile". Ed evitiamo di rammentare il trattamento riservatogli da certi attivisti dei centri sociali, per i quali era un nemico giurato. Quando gli acciacchi dell'età iniziavano a farsi sentire, alcuni anti-Cav attivi sui social erano pronti a sfottere, a infierire come sciacalli.

Ora che il Cavaliere non c'è più, molti di quei suoi oppositori non si sono nemmeno degnati di rendergli l'onore delle armi.

Anzi, lo hanno oltraggiato anche da morto dicendo che il lutto nazionale era ingiusto per una persona che aveva diviso gli italiani (secondo loro, ovvio). Nessuno gli ha chiesto scusa, nessuno ha ammesso di aver talvolta esagerato: nel partito dell'odio questa pratica è severamente vietata.

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