Banche alle costole dei Ds: 200 milioni di euro di debiti

I Ds ha trasferito tutti gli immobili mettendoli al riparo dai creditori. Ma le banche adesso chiedono indietro 200 milioni di euro. Ecco chi dovrà appianare il debito...

Massimo D'Alema alla presentazione del suo libro "Controcorrente"
Massimo D'Alema alla presentazione del suo libro "Controcorrente"

Da quando è scoppiato il bubbone nel Monte dei Paschi di Siena, Pier Luigi Bersani non fa altro che ribadire che i partiti devono starsene lontani dalla finanza. "Le banche fanno le banche, il pd fa il Pd" è lo slogan che il leader del Partito democratico ha portato in giro per le piazze, in un'infuocata campagna elettorale, senza convincere a fondi gli elettori. E, mentre il centrosinistra continua a scendere nei sondaggi, gli istituti di credito sono pronti a sferrare un altro, violentissimo colpo ai vertici di via del Nazareno pretendendo che vengano saldati debiti per circa 200 milioni di euro e che vengano restituiti gli immobili regalati dagli ex vertici dei Ds e dall'ex tesoriere Ugo Sposetti.

Negli uffici contabili delle grandi banche italiane gli ex Ds hanno lasciato un buco grosso come una casa. Un buco che continua a lievitare a causa degli interessi e che rischia di finire sul gobbone degli italiani. A ricostruire l'intricato giro di fondi, liquidi e immobili ci ha pensato Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano andando a spulciare i conti dei Ds che, pur non esistendo più, hanno ancora una sede nella capitale. il debito accumulato dal Partito comunista italiano (Pci) viene ristrutturato nel 2003. Ci pensano proprio Sposetti e l'allora presidente Ds Massimo D'Alema lavorando, gomito a gomito, con l'ex numero uno della Banca di Roma Cesare Geronzi. Gli equilibri si rompono quando la guida dell'istituto, che nel frattempo viene acquisito daUniCredit, passa da Alessandro Profumo a Federico Ghizzoni che non intende più fare sconti alla sinistra e inizia a chiedere indietro i debiti. Così, il 24 giugno dello scorso anno, l'UniCredit chiede indietro 29 milioni di euro (più gli interessi e le spese) e l'annullamento delle donazioni di un immobile di Bergamo alla fondazione Gritti Minetti e di un appartamento a uso ufficio (con annesso magazzino) a Udine alla Fondazione per il Riformismo nel Friuli Venezia Giulia. Il fatto è che, come riporta il Fatto Quotidiano, l'UniCredit non la sola banca a stare alle calcagna degli ex Ds. Sulle orme dei debitori ci sono, infatti, anche Efibanca, che rivuole 24 milioni di euro, e Intesa, che ne rivuole 13,7 milioni. Nel complesso gli ex diessini devono saldare la bellezza di 176 milioni di euro, a cui vanno ad aggiungersi fior fiore di interessi. Tanto che sarebbero già stati pignorati 30 milioni di euro in rimborsi elettorali che il partito non ha ancora ricevuto.

Il trucchetto sta tutto nel trasferimento degli immobili a fondazioni che giuridicamente non hanno alcun legame con gli ex Ds. "Gli immobili - spiega il Fatto Quotidiano - sono stati posti fuori dal perimetro del partito, lontano dagli artigli dei creditori". Da qui, l'inevitabile domanda: chi sarà a pagare quei 200 milioni di euro che nessuno vuole saldare?. Ovviamente i contribuenti.

Una legge, firmata dal governo Prodi nel 1998 e ritoccata nel 2000 dalla presidenza del Consiglio quando a Palazzo Chigi sedeva D'Alema, ha esteso infatti la garanzia statale pensata per i giornali sovvenzionati a "soggetti diversi dalle imprese editrici concessionarie". Insomma, qualora gli istituti di credito non riusciranno ad avere indietro gli immobili, toccherà allo Stato (e quindi ai contribuenti italiani) colmare il buco.

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