Fabrizio Barca è l'Ufo del Pd. Un soggetto non identificato, iscritto da poche ore al Pd, ma già pronto a cambiarlo radicalmente. A partire dalla sua natura politica. “L’Italia è l’unico paese al mondo dove non si può dire la parola sinistra. Si deve chiamare centrosinistra, centrodestra, la parola centro deve stare dappertutto. Il Pd già oggi, senza che arrivi Barca a dirlo, è un partito di sinistra. Si chiama di centrosinistra per ipocrisia”.
La breve carriera da ministro per la Coesione territoriale nel governo Monti (di centro, per definizione) non toglie valore alla sfuriata terminologica di Barca. Perché per lui parla il passato. Il padre Luciano, partigiano, economista, esponente di peso del Pci e direttore dell’Unità, lo mandò a studiare a Cambridge, come era solita fare l'aristocrazia rossa.
Barca figlio prese però un'altra strada. Una strada fatta di cattedre, incarichi dirigenziali, consulenze finanziarie ed economiche. L'interesse nei confronti del partito non si palesava. Lui stesso ha ammesso di non aver mai votato alla primarie del Pd (alle politiche del 2008 ha votato Sinistra Arcobaleno) . Barca era un carneade democratico, almeno fino a poco tempo fa. Poi, d'amblais, su di lui sono circolate voci che lo davano prima candidato premier, poi prossimo segretario del Pd.
Nessuna conferma. Anzi, da lui solo smentite. Barca ha preso la tessera del Pd, ma nega di voler puntare alla segreteria. “Voglio far parte del gruppo dirigente”, dice lui. Ma soprattutto vuole un partito nuovo. Neanche il tempo di diventare un democratico che ha già presentato e inviato a Bersani e a Vendola il suo manifesto e ha già incassato il sostegno di Massimo D'Alema che lo ha inondato di elogi (“è un uomo che ha passione politica, un passato di militanza ed è stato un buon ministro, è un uomo che ha tantissime qualità”).
Con l'ex presidente del Copasir condivide la visione secondo la quale non si governa senza un partito forte. Velata critica all'inconsistenza, in termini numerici, del Pd. Barca vuole che il Pd viri a sinistra, punti a un radicamento sul territorio e a una separazione dallo stato “per divenire rete materiale e immateriale di mobilitazione di conoscenze e di confronto pubblico. Il metodo, ispirato alle esperienze di democrazia deliberativa, è quello dello sperimentalismo democratico”.
Parole complesse, scritte in quello che più che un manifesto sembra una tesi di laurea con tanto di bibliografia e citazioni a piè di pagina. Il partito nuovo di Barca “sarà rigorosamente separato dallo stato, sia in termini finanziari, riducendo ancora il finanziamento pubblico e soprattutto cambiandone i canali di alimentazione e assicurandone verificabilità, sia prevedendo l’assoluta separazione fra funzionari e quadri del partito ed eletti o nominati in organi di governo, sia stabilendo regole severe per evitare l’influenza del partito sulle nomine di qualsivoglia pubblico ente”.
Insomma, partecipazione, radicamento e separazione netta tra incarichi di partito e di governo (Barca ha lanciato su Micromega l'idea dei dirigenti a tempo determinato, con "il funzionario che si presta alla politica per cinque o sei anni e poi rientra nel mondo del lavoro”): questi alcuni dei punti essenziali.
Della sinistra, Barca rinnega il passato, lontano e recente (ma rimpiange la Prima Repubblica), ne evidenzia i tratti ora superati dai tempi: il “partito scuola di vita (e di lotta), il partito di massa dove si ascoltano bisogni e si insegna la linea, il partito di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra tutto, il partito liquido, quello della crisi politica" (vessillo dell'amico di infanzia Walter Veltroni). Tutto desueto.
Se può essere chiaro il pensiero di Barca, oscura è invece la sua messa in pratica. Quale sarà il suo ruolo nel Pd? Ancora non è dato saperlo. La sua figura è vista da alcuni come una sorta di collante cooptato dall'establishment democratico e volto a evitare potenziali spaccature del partito. Altri l'hanno vista come il nuovo nemico di Matteo Renzi e della sua rottamazione. “Dottrina” non proprio amata da Barca, secondo cui “si invocano i giovani al posto dei vecchi sapendo che è un programma impossibile da realizzare.
E la rottamazione diventa l’altra faccia del gattopardismo: cambiare tutto senza cambiare niente”. Almeno per il momento, cambia poco. E la new entry contribuisce ad alimentare la confusione interna al Pd agli occhi degli elettori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.