Battiato spara sul centrodestra ma ha preso i soldi da Fiorito

Il cantautore assessore in Sicilia disprezza i berluscones, non i 100mila euro incassati dal simbolo della malapolitica, allora sindaco di Anagni. E fu anche ingaggiato da An

Battiato spara sul centrodestra ma ha preso i soldi da Fiorito

Quanto ci piaceva il Battiato che cantava di dervisci rotanti, palome, cinghiali bianchi e mondi lontanissimi. Il cantante che con «voli imprevedibili» solleticava lo spirito senza precipitare nel burrone della musica che si piega all'interesse della politica. Allora, al massimo, si faceva scrivere i testi dal filosofo Manlio Sgalambro e non si abbandonava a esternazioni che sembrano suggerite da Lucia Annunziata. «La destra italiana è una cosa che non appartiene agli esseri umani». Capito? Siete delle bestie. Se ne è uscito proprio così, Franco Battiato, a margine di un concerto a Parigi durante il tour promozionale del suo ultimo disco. La destra è disumana, aliena. Peggio che impresentabile. Anche lui si è dilettato nella nuova disciplina delle olimpiadi radical chic: l'insulto libero all'elettore di centrodestra. Anche lui è caduto nel solito complesso di superiorità di una sinistra che ha perso i contatti col mondo e non se ne riesce a capacitare.
L'alfiere della rarefazione spirituale ha lanciato una corposa palata di fango sul centrodestra, su una parte del popolo italiano e – inevitabilmente - anche su una porzione dei suoi ascoltatori. Cornuti e mazziati. Ma siamo proprio sicuri che il musicista siciliano sia sempre stato così caustico nei confronti della destra? No. Perché pecunia non olet, e l'erudito cantautore lo sa bene. Ora non perde occasione per propalare snobismo nei confronti dei «disumani» berluscones ma, per anni, non ha disdegnato i loro contratti e i loro soldi. Correva l'anno 2003 quando «Franco il mistico» venne ingaggiato da «Franco il Batman». Che non è un eroe dei fumetti e nemmeno uno di quei mistici anacoreti che punteggiano i versi delle sue canzoni. Ma è proprio il «Francone» Fiorito che, molto pedestremente, distribuiva ostriche e champagne come fossero panini. Coi soldi della Regione, ovviamente. Fiorito allora era sindaco di Anagni e per celebrare il settecentesimo anniversario del celebre «schiaffo» organizzò una festa che, col senno di poi, faceva già presagire la nota megalomania che lo avrebbe trasformato in Batman. Il fiore all'occhiello dei festeggiamenti era il concerto di Battiato in piazza Vittoria. Ponti radio e maxischermi seminati in tutte le piazze di Anagni per diffondere le note del musicista catanese. Festa megagalattica e ingaggio stellare: «Il cachet superò i centomila euro», ricorda al Messaggero un assessore del tempo.
Sempre nel 2003, piena era berlusconiana con il Cavaliere saldamente insediato a Palazzo Chigi, Battiato saliva sul palco (ovviamente a pagamento) della festa di Alleanza nazionale alla palazzina Liberty di Milano. I postfascisti (paganti) non gli facevano schifo. Anzi, difendendosi dalle accuse di chi lo tacciava di essersi venduto al nemico, lui rilanciava con slancio: «Vado a cantare il mio repertorio (lo stesso che canto in tutte le occasioni) davanti a un pubblico che non va discriminato. Non sono solito chiedere la tessera di partito a chi viene ai miei concerti». Sacrosanto. Peccato che col succedersi degli esecutivi abbia spostato sempre più a sinistra il suo centro di gravità permanente.
D'altronde che le musiche del nasuto cantante fossero gradite al pubblico di centrodestra non è mai stato un mistero. Con i suoi richiami all'esoterismo di René Guénon, le citazioni nicciane e i suoi inni alla povera Patria «schiacciata dagli abusi del potere» (siamo in piena Prima Repubblica), Battiato sembrava essere uno dei pochi artisti che non si genufletteva al politicamente corretto. Flirtava con un immaginario caro anche alla destra e giocava sul filo dell'ambiguità. E a mischiarsi con gli «impresentabili» non ci vedeva nulla di male. Poi la svolta da cantante engagé, l'impegno politico e la gragnuola di dichiarazioni al vetriolo. Che stridono così tanto con il nitore di molti dei suoi versi.

Ma fino a qualche anno fa, per Battiato, non c'era nulla di disumano e i soldi delle amministrazioni di centrodestra avevano lo stesso profumo di tutti gli altri. Dalle volatilità dello spirito alla materialità del contante. Alla fine la sua profezia si è autoavverata: «Siamo figli delle stelle e pronipoti di maestà il denaro».

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