La salma del cardinale Carlo Maria Martini sarà sepolta nel Duomo di Milano (dove lunedì si terrà il funerale), nell’ala sinistra, sotto il crocifisso di San Carlo. Circa 40 mila persone hanno già reso omaggio al cardinale, l’arcivescovo emerito di Milano deceduto ieri. "È dall’arrivo della salma, alle ore 12,30 di oggi sabato 1 settembre, che un flusso ininterrotto di persone (si stima oltre 6mila all’ora) sta porgendo l’ultimo saluto al cardinale Martini in un clima raccolto di preghiera", ha reso noto l’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, diretto da don Davide Milani.
Da tempo malato, Martini nel giugno scorso aveva accantonato il desiderio di essere sepolto nella sua amata Gerusalemme, dove aveva vissuto - e studiato - per alcuni anni, dopo aver lasciato la guida della diocesi di Milano nel 2002. Aveva scelto , così, di essere sepolto nel Duomo, per mantenere sempre vivo il suo legame speciale con la chiesa di Milano, che aveva guidato per 23 lunghi anni. I funerali si svolgeranno, in forma solenne, lunedì pomeriggio alle 16, nella stessa cattedrale che lo accolse il 10 febbraio del 1980 quando prese possesso della Diocesi e iniziò il suo mandato pastorale conferitogli da Papa Giovanni Paolo II. Raiuno trasmetterà le esequie in diretta
Una preghiera semplice ("come lui avrebbe voluto", ha detto il cardinale Angelo Scola), ha salutato l'arrivo della salma di Martini nel Duomo. E' stata posta di fronte all’altare maggiore, prima che i milanesi potessero rendergli omaggio. Il giorno dopo la scomparsa dell'uomo di Chiesa è ancora forte la commozione. E non solo a Milano. I giornali hanno dedicato ampio spazio e riflessioni. Numerose le testimonianze e i ricordi.
L'ultima intervista: "La Chiesa è indietro di 200 anni"
Il Corriere della sera ha pubblicato l’ultima intervista del cardinale (risale all'8 agosto scorso). Una sorta di testamento spirituale. "La Chiesa - dice in un passaggio - è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?". E si pone diversi interrogativi sulle famiglie allargate, i consigli della chiesa ai fedeli in materia sessuale, il sacramento (negato) ai divorziati risposati.
Il no all'accanimento terapeutico diventa un caso
La scelta di Martini di rifiutare l'accanimento terapeutico (da non confondere, come qualcuno ha fatto, con l'eutanasia) ha subito riacceso il dibattito sull'argomento. Umberto Veronesi in un intervento su Repubblica ha detto che "quando una medicina tecnologica che cura di più, ma di più non sa guarire, si ostina (qualcuno dice ’si accaniscè) a intervenire con trattamenti che non hanno altro effetto se non prolungare una sofferenza e un’esistenza che non è più definibile come vita. In questo momento, ha dichiarato e scritto Martini, è lecito per ogni uomo, credente o non credente, rifiutare le cure eccessive. Così ha fatto quando è toccato a lui decidere, con coerenza, e con quel coraggio che viene dalla forza e dalla libertà del pensiero".
"Nella sua profonda coerenza - scrive in una nota Mina Welby, vedova di Piergiorgio - il cardinale ha rifiutato le terapie di nutrizione e idratazione artificiali ormai inutili per il recupero e il mantenimento della salute. In questo modo - dice la copresidente dell'associazione Luca Coscioni - ha accettato la conclusione naturale della sua vita. La sua morte fa parte della sua testimonianza di vita vicina e uguale al Cristo e a quella di tutti gli uomini che considerava suoi fratelli".
Mario Riccio, medico anestesista e rianimatore all’Ospedale di Cremona, che nel dicembre 2006 interruppe il trattamento che teneva in vita Welby, commenta così: "Martini è il Piergiorgio Welby della Chiesa. Ha compiuto un percorso simile a Papa Wojtyla riaffermando il diritto all’autodeterminazione sui trattamenti sanitari e sul fine vita, coerentemente con quanto affermato in vita".
Nel ricordare "l'uomo giusto" che è morto, "un vero cristiano", Dario Fo definisce "una scelta stupenda" quella di rifiutare l'accanimento terapeutico: "Mostra che tipo di persona fosse".
Non poteva mancare il commento di Beppino Englaro, che per anni si è battuto per ottenere, tramite una sentenza in tribunale, l'autorizzazione a "staccare la spina" a sua figlia Eluana, rimasta in stato vegetativo per 17 anni: "È il diritto di ognuno a lasciarsi morire, di poter dire: non mi impedite di morire. Non so se Martini avesse lasciato qualche disposizione o ha avuto modo di esprimere la sua volontà negli ultimi giorni - ha aggiunto Englaro -. Qui l’eutanasia non c’entra, entra solo in gioco l’autoderminazione di ciascuno di essere lasciato morire tranquillamente e di rifiutare le cure se le ritiene una inutile prolungamento della sua sofferenza. I medici potevano tenere in vita il cardinale per forza - ha aggiunto - hanno prevalso una giusta consapevolezza e il rispetto per la dignità del malato".
"Un paragone del tutto arbitrario e per nulla fondato, né medicalmente né moralmente". Così la Radio Vaticana definisce l’accostamento fatto da media e esponenti politici tra le ultime ore di Martini e i casi Englaro e Welby. La rinuncia di Martini ad essere alimentato tramite sondino, dopo che l’ultima crisi l’aveva reso non più in grado di deglutire cibi, né solidi né liquidi, era infatti "determinata - afferma l’emittente - dall’avvicinarsi ormai imminente della morte di cui Martini era pienamente cosciente", e non certo dal desiderio di accelerarne l’arrivo.
grande figura, come il cardinale Martini, sia stata strumentalizzata per fini diversi che possiamo immaginare, ma che vogliamo giudicare come davvero squallidi".
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