Caso Ruby, i giudici di Milano a gamba tesa nella campagna elettorale

Il processo Ruby va avanti. La difesa chiede il rinvio per la campagna elettorale. Ma i giudici di Milano si oppongono: "Berlusconi non è il candidato premier"

Il pm Ilda Boccassini in aula per l'udienza del processo Ruby
Il pm Ilda Boccassini in aula per l'udienza del processo Ruby

Il processo Ruby va avanti a tappe forzate: senza Ruby, ma con la volontà precisa dei giudici di andare verso la sentenza prima delle elezioni.

Erano arrivati da mezza Europa, per il grande evento mediatico-giudiziario dell'anno: la deposizione nell'aula del processo a Silvio Berlusconi di Kharima el Mahroug alias Ruby Rubacuori, eroina eponima del processo più piccante mai intentato al Cavaliere. Finalmente, dopo una serie interminabile di comparse, poliziotti, ragazze, deputati e musicisti, sulla sedia dei testimoni sarebbe andata a sedersi lei: la presunta vittima, l'unica - insieme a Berlusconi - a conoscere la verità sugli incontri a luci rosse che la Procura ipotizza a margine delle feste di Arcore.

Ma il grande spettacolo non c'è stato. Kharima è arrivata, è stata immortalata, ha sorriso ai fotografi e ai giornalisti. Ma la scena dell'udienza è stata invasa da tutt'altra battaglia: quella tra gli avvocati del premier e i giudici sulla sorte del processo in questo mese di campagna elettorale che si annuncia infuocata, e durante il quale Nicolò Ghedini e Piero Longo hanno chiesto che si sospendessero le ostilità giudiziarie contro il Cavaliere. La Boccassini si è opposta: sia al rinvio dell'udienza di oggi, chiesto dai legali perché Berlusconi é impegnato in una riunione romana; sia alla moratoria elettorale; la dottoressa ha impiegato un argomento destinato a sollevare qualche polemica, perché ha spiegato che Berlusconi non é il candidato premier del suo partito o del suo schieramento, e quindi non si capisce a che titolo chiederebbe la pausa dei suoi impegni giudiziari. Il tribunale ha accolto in pieno la linea di Ilda Boccassini. Ma per dare ragione alla Procura i giudici hanno impiegato un tempo straordinariamente lungo, nonostante che da giorni si ipotizzasse una richiesta della difesa in questo senso. Può darsi che tra le tre giudici ci fossero opinioni differenti? Di sicuro, in altre situazioni analoghe il tribunale di Milano aveva in passato deciso la sospensione dei processi. Ma é anche vero, come ha ricordato Ilda Boccassini, che invece il processo per il Lodo Mondadori andò avanti per la sua strada anche sotto elezioni.

La sostanza è comunque che il processo Ruby va avanti a ritmi serrati. E, a meno di nuovi colpi di scena, arriverà alla sentenza prima del voto del 24 febbraio. Ad accorciare i tempi ha contribuito la stessa difesa di Berlusconi, che stamattina - dopo l'ordinanza del giudice che rifiutava la pausa elettorale - ha rinunciato a sorpresa a interrogare in aula la ragazza. Ruby è stata congedata - visibilmente sollevata - e le è persino stata revocata la multa di cinquecento euro che le era stata rifilata per non essersi presentata alla scorsa udienza. L 'anomalia di un processo che viaggia verso la sua conclusione senza che la presunta vittima venga interrogata in aula nè dall'accusa nè dalla difesa è piuttosto evidente. La procura non interroga Ruby perchè è convinta che la ragazza negherebbe qualunque rapporto hot con Berlusconi. La difesa non interroga Ruby perchè ritiene che, qualunque cosa dica in aula la fanciulla, le cronache dell'udienza si risolverebbero in un massacro mediatico del Cavaliere. Ogni parte, insomma, ha la sua strategia. Ma la anomalia di un processo monco resta evidente. E può darsi che sia alla fine il giudice Giulia Turri a ritenere di convocare di sua iniziativa in aula la ragazza per sentire la sua verità. Se questo non accadrà, il percorso appare segnato. Lunedì prossimo verranno sentiti gli ultimi testimoni, il giorno stesso o al massimo il 28 verrá data la parola alla procura per una requisitoria che si annuncia pesante.

I due lunedì successivi parleranno le difese. Prima delle elezioni piomberà su Berlusconi la sentenza che - qualunque essa sia - farà sentire in modo dirompente, in un senso o nell'altro, i suoi effetti sul voto degli italiani.

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