Le caste dive di Valentino e le bad girl di Saint Laurent

ParigiIl dialogo con la modernità avviene ormai in due direzioni opposte e inconciliabili. C'è la via diretta tra cuore e cervello scelta da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli che ieri a Parigi hanno fatto sfilare una spettacolare collezione Valentino dedicata all'Opera e al melodramma italiano. L'altra strada, scelta ad esempio da Hedi Slimane, è molto più tortuosa: parte senza dubbio dalla testa, evita tutte le emozioni con l'alta velocità, non si capisce bene dove arrivi ma senza dubbio fa discutere sul nuovo corso di Saint Laurent. In entrambi i casi il successo è sconfinato. Stefano Sassi, amministratore delegato di Valentino, prevede di chiudere il 2013 con un fatturato-record di 500 milioni di euro: più 25 per cento rispetto allo scorso anno.
Su Saint Laurent non abbiamo dati certi tranne quelli dei negozianti che dicono di vendere tutto benissimo, perfino le cose più difficili tipo i vestiti da 3000 euro facilmente replicabili (e inevitabilmente replicati) dai colossi della moda low cost. Difficile capire quale tra i due atteggiamenti sia vincente nel lungo periodo, l'unico che conta. Noi siamo commossi dall'onestà intellettuale di Piccioli e Chiuri che dicono «Devi nutrirti di ciò che non sai» per poi spiegare d'aver scoperto un mondo a loro sconosciuto visitando il magazzino dell'Opera di Roma. Tra costumi di scena e fondali in cartapesta ha preso corpo un'idea sensazionale: creare abiti e accessori modernissimi ma con intatta la magia eterna della commedia dell'arte italiana. Per cui non c'era niente di didascalico anche se certi ricami tipici del Nord Africa facevano tanto Nabucco mentre tutti gli accessori (stupendi sandali infradito decorati da grandi scarabei in metallo dorato, collane e braccialetti con i segni zodiacali, cerchietti fermacapelli con borchie a forma di grifone) erano ispirati all'Aida. Interessante la rielaborazione dei volumi secondo le regole d'oro del costumista teatrale: far leggere i vestiti anche da lontano, assecondare senza parere i movimenti del corpo. Ecco quindi i jeans larghissimi eppure donanti, oltre ai divini pantaloni leopardati per una moderna Amneris in vacanza tra Positano e Saint Tropez.
Di una bellezza indicibile tutti gli abiti da sera con sette tipi di pizzo uno sull'altro, ricami degni di una regina assiro-babilonese (la perfida Abigaille del Nabucco) e tagli perfetti per i gesti ieratici di qualsiasi primadonna. Inevitabile pensare alla Callas davanti al fulminante vestito-cappa in raso verde bottiglia che ha sfilato sulla divina voce di Kiri Te Kanawa nella sua più bella interpretazione dell'aria «O mio babbino caro» del Gianni Schicchi. Oltre a questo nella colonna sonora c'era la callasiana versione del Casta Diva dalla Norma e poi il celebre brano della Butterfly («Un bel dì vedremo») nella versione rock di Malcolm McLaren. Una sfilata bella e comprensibile dalla prima all'ultima uscita: 62 frammenti di un discorso amoroso firmato Valentino per tutte le donne del mondo.

La terza collezione di Hedi Slimane per Saint Laurent è un colpo al cuore: finalmente si rivedono gli stilemi della maison (il nude look, la sahariana, lo smoking, i grandi volant, il maschile al femminile) tradotti però con il linguaggio duro e puro delle garage band californiane. Tutto è corto, rabbioso, velocissimo e senza riguardi per nessuno: una moda che somiglia alle adolescenti o giù di lì per cui è stata pensata.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica