Il Cav vuol correre in Europa: "Pronto alla battaglia legale"

Berlusconi deciso a candidarsi come capolista in tutte le circoscrizioni: "La legge Severino inapplicabile, li riempirò di ricorsi in ogni sede di giudizio"

Il Cav vuol correre in Europa: "Pronto alla battaglia legale"

Non è una battuta, come qualcuno ha inizialmente pensato. Perché Silvio Berlusconi è davvero convinto di provare a correre alle elezioni Europee, deciso al punto dall'essere pronto a ingaggiare un vero e proprio braccio di ferro a colpi di ricorsi e controricorsi: dagli Uffici elettorali ai Tar, fino ad arrivare prima al Consiglio di Stato e poi direttamente in Europa. E mal che vada la questione sarà comunque stata argomento di dibattito in Italia e persino in Europa, come dimostra la reazione arrivata già ieri dal Pd.
Certo, la speranza che prima del voto di fine maggio la Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo si pronunci sul ricorso presentato a settembre c'è, ma anche se ciò non dovesse accadere – i tempi sono oggettivamente stretti – il Cavaliere non ha intenzione di fare passi indietro. Perché, spiegava giovedì pomeriggio durante uno degli incontri della giornata, «non sarò certo io a fargli il favore di farmi da parte dopo che mi hanno estromesso dal Parlamento grazie a una legge palesemente incostituzionale». Secondo l'ex premier, insomma, la Severino non si poteva applicare retroattivamente «come sostiene anche l'articolo 7 della Convenzione dei diritti dell'uomo». E dunque il leader di Forza Italia è intenzionato a presentare la sua candidatura come niente fosse. In Italia e non in altri stati dell'Ue, nonostante – dice – abbia ricevuto offerte da Paesi come Bulgaria, Romania e Malta. Capolista in tutte le circoscrizioni, visto che – spiega durante la riunione con i coordinatori regionali che si tiene nel pomeriggio a piazza San Lorenzo in Lucina – «è un mio diritto». Perché, spiega Mariastella Gelmini, «la legge Severino confligge con la normativa europea».
Un Berlusconi, dunque, deciso ad andare avanti fino all'ultimo ricorso possibile. La tempistica è già stata discussa e - almeno per ora - il Cavaliere non avrebbe dubbi. Si parte presentando la candidatura agli uffici elettorali competenti per ognuna delle cinque circoscrizioni e poi si andrà avanti tra i pareri della Corte d'appello, ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato fino a coinvolgere direttamente la Corte di Giustizia europea. Una strada lunga e molto, molto difficile. Ma anche se alla fine il leader di Forza Italia non dovesse ottenere il via libera a candidarsi avrà comunque raggiunto il risultato di mettere il suo caso al centro del dibattito. In Italia, ma soprattutto in Europa. D'altra parte, le prime reazioni del Pd non fanno che dar ragione al Cavaliere. In poche ore, infatti, si sono succedute una lunga serie di critiche da parte dei Democratici, tanto che la responsabile comunicazione di Forza Italia Deborah Bergamini ha gioco facile a dire che è sufficiente che Berlusconi paventi una sua candidatura che «il Pd impazzisce» perché «di fronte ai fuoriclasse la paura fa 90».
Ai nuovi coordinatori regionali incontrati ieri l'ex premier dice anche di sperare nell'election day, nel fatto che il 25 maggio non si voti solo per le Europee e le amministrative, ma pure per le politiche. Anche se difficilmente si arriverà ad elezioni anticipate per quella data. Argomento, questo, usato anche da buona parte dei big di Forza Italia che stanno resistendo da giorni alla nomina di Giovanni Toti a numero due del partito. Perché, ha fatto notare a Berlusconi chi non vede con favore l'arrivo di un «esterno» in una posizione tanto centrale, «se non si torna al voto una simile nomina farebbe saltare tutti gli equilibri interni e darebbe il via ad una diaspora» con conseguente travaso di parlamentari verso Ncd o il Gruppo misto. Il governo, insomma, non resterebbe in sella fino al 2015 ma fino al 2018. Sul punto è stato chiaro anche Denis Verdini, come pure Raffaele Fitto che ieri pare abbia avuto una lunga conversazione telefonica con il Cavaliere (declinando ancora l'offerta di ruoli nel nuovo organigramma).


Un braccio di ferro, questo, che in realtà divide il partito se Michaela Biancofiore non esita a parlare di «ricatto morale» visto che «è giusto che Berlusconi faccia le sue scelte». «Se va via ci lascia tutti col sedere per terra e – attacca l'ex sottosegretario – vista la situazione se fossi in lui farei esattamente questo: saluterei tutti».

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