Il comizio A Piazza Duomo a Milano

MilanoEsco, non esco. Barricato nel camper, corteggiato, pressato, assediato dai fotografi e, soprattutto, dai colleghi e dalle colleghe delle tv greche, norvegesi ecc. ecc. alla fine, da attore consumato, dopo aver creato la giusta attesa, dopo soli trentuno minuti di ritardo, Beppe Grillo si decide e lascia la sua «casa mobile» dello Tsunami Tour per fendere la folla di piazza Duomo e salire sul palco del suo settantesimo comizio elettorale. Voce quasi azzerata ma, dalla gola, un grido che riesce ancora ad uscirgli: «Arrendetevi! Siete circondati dal popolo italiano. Uscite con le mani alzate. Nessuno vi toccherà, ve lo prometto. Non useremo violenza su di voi. So che siete nascosti, sento ancora odore di naftalina in questa piazza, odore della vecchia politica, ma adesso arrendetevi, andatevene finché siete ancora in tempo perché il vostro tempo è finito, non abusate della fortuna, che vi ha assistito finora». Per strappare i primi applausi niente di meglio dunque che un vero e proprio ultimatum ai politici, di qualsiasi segno e soprannome, che «sono riusciti a distruggere un Paese come l'Italia, a spolpare banche ed enti pubblici e a provocare il più grande scandalo finanziario della storia di questa Repubblica, il crac del Monte dei Paschi di Siena».Poi la valutazione sul trattamento mediatico riservato al Movimento 5 stelle: «Mentre la Rai e Mediaset non inquadrano le piazze gremite per i nostri comizi, i vecchi politici, per cercare di denigrarci, continuano a chiedersi e a chiedere chi abbiamo dietro. E la risposta li spiazza perché non rientra nella loro logica. Perché dietro Grillo c'è Grillo e dietro Casaleggio c'è Casaleggio, cioè persone che fanno qualcosa per gli altri senza ritorno economico». È solo la rincorsa verso un altro effetto speciale che Grillo ha in serbo per il suo uditorio: «Vedete, noi siamo nati tre anni fa senza soldi, con i giornali e con le televisioni contro e adesso siamo diventati la terza, no la seconda, no la prima forza politica del Paese. È incredibile, ma è stato possibile. Guardate che cosa siamo stati già in grado di fare in Sicilia, dove i nostri eletti si sono tagliati gli stipendi e hanno imposto la revisione dei bilanci pubblici per risparmiare denaro e offrire credito alle piccole e medie industrie. Dobbiamo guardare al futuro in modo diverso io voglio una visione a due generazioni non a due legislature». La voce dell'urlatore cala ancora di un paio di gradini e quindi arriva, provvidenziale, sul palco a dargli manforte «un caro», anzi, per dirla con il leader del Movimento 5 Stelle, «il mio più caro amico»: Dario Fo. Che incita subito la folla: Ribaltate tutto, fatelo voi per favore. Alla fine della Seconda guerra mondiale ci fu una grande festa come questa, non dico piena di speranza ma piena di gioia e certezza che si sarebbe rovesciato tutto, noi non ci siamo riusciti fatelo voi. Non mollate». Poi il giusto spazio del comico-imbonitore alle quote rosa, alle donne del Movimento. Con un precisazione doverosa, e qualche concessione al turpiloquio, prima di presentare sul palco le candidate lombarde. «Eccole le nostre donne. Non sono donne con bocche di polistirolo e culi di gomma, sono donne che lavorano, donne con due cogl.. così». È un'ora e mezza che l'urlatore, un po' meno urlatore, va avanti e così è tempo di chiudere con una nuova promessa che vira subito in un nuovo ultimatum: «Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno, non avranno scampo».

Il camper dello Tsunami Tour, parcheggiato in palese divieto di sosta, zeppo, per ammissione del suo illustre ospite, di prosciutti e pasta in fatta di casa che la gente stremata gli dona per «rifondare questo Paese», può dunque ripartire.

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