
«Amici ebrei, dissociatevi». Questo l’appello che Giuseppe Conte ha lanciato ieri, con un video, sulla guerra che è drammaticamente ripresa in Medio oriente dopo la fine improvvisa della tregua, pochi giorni fa.
Aveva annunciato una «diretta sui miei canali», il capo dei 5 Stelle, e sul finale del suo lungo intervento ha parlato della vicenda di Hamdan Ballal, uno dei registi del film Oscar «No Other Land», protagonista di un caso controverso: la sua versione è che sarebbe stato aggredito da coloni in Cisgiordania e poi malmenato dopo l’arresto, mentre l’esercito israeliano ha smentito le accuse («totalmente infondate») e ha parlato di un «confronto violento» con coloni israeliani, in ragione del quale Ballal sarebbe stato fermato, «in conformità con il protocollo operativo», assistito medicalmente e poi rilasciato.
Un episodio da chiarire, nell’ambito di una guerra durissima ma scatenata - non va dimenticato - dall’attacco terroristico di Hamas, il 7 ottobre, giorno in cui peraltro Conte, sui suoi «canali», parlava d’altro. Eppure oggi il leader 5 Stelle, nel video, al suo elettorato, parla di «attacchi dell’esercito israeliano», «aggressioni dei coloni israeliani», «episodi di violenza», e di uno «sterminio sistematico». Così lo definisce, accusando il governo di Netanyahu («criminale»), e quello italiano («vergognoso e vigliacco»). Quindi l’esortazione sciagurata: «Agli amici ebrei dico “dissociatevi”, perché il silenzio diventa complicità» ha scandito.
In sostanza chiedendo agli ebrei della diaspora di prendere le distanze da uno Stato in guerra. Un appello non solo demagogico, come ormai costume del capo dei 5 stelle, ma anche irresponsabile, visto che posizioni del genere rischiano di accrescere il clima di ostilità e pregiudizio che si torna a respirare - anche in Europa - verso gli ebrei. Individuare una responsabilità collettiva su questioni internazionali (che sono al di fuori della loro portata, e che oltretutto, li vedono schierati su posizioni varie e diverse) significa esporre all’odio gli ebrei.
Vengono in mente le parole della senatrice a vita Liliana Segre: «Io non penso proprio di dover rispondere, di dovermi discolpare in quanto ebrea, di quello che fa lo Stato di Israele» ha detto la testimone della Shoah nel giorno della memoria.
E considerare gli «amici ebrei» come «complici» di «uno sterminio», salvo una loro «dissociazione», cosa che fa Conte, è quanto di più grave si possa fare oggi. Questa è l’opinione che arriva da più parti del mondo ebraico, a partire dall’autorevole Osservatorio «Solomon» sulle discriminazioni. Dall’Osservatorio si precisa intanto «che lo Stato d’Israele si sta difendendo dall’aggressione terrorista di Hamas che usa i civili come scudi umani», inoltre si chiede se Conte abbia «mai chiesto ai musulmani di dissociarsi dal pogrom compiuto da Hamas, dalle centinaia di migliaia di morti in Siria o dalle stragi e massacri in Sudan che hanno colpito milioni di innocenti». Inoltre si fa notare come le parole di Conte rientrino nella definizione «Ihra» di antisemitismo che è stata adottata dal Governo italiano nel 2020 (quando premier era proprio Conte). Ecco, infatti, due delle fattispecie previste dal documento come «esempi contemporanei di antisemitismo nella vita pubblica»: «Applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro Stato democratico», ma anche «considerare gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello Stato di Israele».
«Conte chiede agli ebrei di dissociarsi dalla guerra a Gaza, come se non fossero cittadini italiani» osserva Daniele Nahum, di «Azione». «L’uso di termini impropri come “sterminio” alimenta un clima di pericolo verso i cittadini italiani di fede ebraica, che, in quanto membro delle istituzioni, è tenuto a rappresentare». Non si può dire che sia di inaudita gravità, la dichiarazione del capo grillino. Conte è stato presidente del Consiglio per circa due anni e mezzo, senza aver dovuto mostrare prima una comprovata esperienza o cultura politica, eppure le sue parole riecheggiano quelle del famoso «Davide discolpati!» che nel 1982 descriveva perfettamente un clima che si respirava in larghi settori della sinistra e del sindacato, fino a esiti nefasti che ancora segnano non solo il mondo ebraico, ma l’intero Paese. «Il video di Giuseppe Conte - dice Ariela Piattelli nell’articolo Conte e il déjà vu su “Shalom”, magazine della Comunità ebraica di Roma - ha ricordato a molti un’epoca che pensavamo e speravamo di aver lasciato alle spalle.
L’epoca, non troppo lontana, in cui parte della stampa e della politica italiana chiedevano agli ebrei di discolparsi, contribuendo così al clima grazie al quale nell’82 i terroristi palestinesi hanno potuto agire indisturbati a Roma, spargere sangue e uccidere un bambino di due anni davanti al Tempio maggiore».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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