La Corte Costituzionale boccia la legge "salva poltrone" della Puglia

I consiglieri regionali pugliesi si erano allungati il mandanto in caso di elezione di Emiliano al parlamento europeo

La Corte Costituzionale boccia la legge "salva poltrone" della Puglia
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La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge regionale "salva poltrone" della Puglia. Inserendola nell'ultima legge di bilancio, anche se non aveva alcun legame con la manovra economica, i consiglieri regionali della Puglia volevano prolungarsi il mandato, e gli stipendi (98 mila euro a testa), in caso di dimissioni del Presidente della Regione. Ovviamente non perché Michele Emiliano, ancora pm, preso da un raptus di giudizio decidesse di abbandonare la politica. Piuttosto per candidarsi alle elezioni europee. La legge ovviamente prevede, trattandosi di elezione diretta a suffragio universale del Presidente (proprio come la riforma Meloni vuole fare con le elezioni politiche), che se cade il presidente cade anche il consiglio a lui legato.

Ma non volendo rischiare di andare a casa un anno prima della scadenza naturale, i consiglieri regionali, hanno pensato bene di provare ad allungarsi il mandato. Ed Emiliano di garantirsi l'elezione, perché difficilmente i consiglieri, grandi portatori di voti, lo avrebbero sostenuto se il suo passaggio a Bruxelles avesse comportato la loro decadenza.
La motivazione alla base della norma era surreale: "per evitare che la legislatura si interrompa durante i lavori del Pnrr, e poiché l'automatismo dello scioglimento è eccessivamente gravoso per il programma di governo”. Solo per quello della Puglia però, visto che tutte le altre regioni nascono e cadono con l’elezione del Presidente. E infatti oggi la Corte Costituzionale ha bocciato la legge. A impugnarla era stato il governo Meloni lo scorso febbraio. Che quindi ha avuto ragione.

La Corte ha stabilito che la legge regionale è in contrasto con l'articolo 126 della Costituzione che prevede, tra l'altro, che le dimissioni volontarie del «presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto», «comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio». Secondo la Corte Costituzionale, "le disposizioni impugnate mirano a eludere» il principio funzionale stabilito dalla Costituzione «aut simul stabunt aut simul cadent» in quanto «generano un effetto dilatorio e consentono che, sia pure in regime di prorogatio, il Consiglio rimanga in carica, nonostante il suo scioglimento e la cessazione del mandato del Presidente della Giunta, per un periodo di tempo aggiuntivo, ovvero quello che intercorre fino all'adozione della delibera di 'presa d'atto, rispetto a quello naturale".

E' incredibile però come il governatore pm, che

da Ilva al decreto Cutro, accusi gli altri di essere incostituzionali, dimentitichi tutte le sue leggi regionali cassate dalla Corte Costituzionale. L'unica abilitata in Italia a decidere cosa è costituzionale e cosa no.

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