La Corte dei Conti boccia Monti: "Il Fisco favorisce la recessione"

La magistratura contabile: "Pressione fiscale fuori linea, favorisce la recessione". Apre al condono: "Ragioni fondate". Sulla corruzione: "Si annida in tutte le pieghe della Pa"

La Corte dei Conti boccia Monti: "Il Fisco favorisce la recessione"

Una bocciatura dura e netta. La Corte dei Conti non si risparmia nel criticare la politica economica del premier Mario Monti che, aumentando le tasse, ha fatto scrivolare il sistema Italia in un vortice recessivo senza precedenti. "Gli aumenti del prelievo forzano una pressione fiscale già fuori linea e favoriscono le condizioni per ulteriori effetti recessivi", ha commentato il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino sottolineando la necessità di ridurre la pressione e di "una più equa distribuzione del carico fiscale". E, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, la magistratura contabile segnala "il pericolo di un avvitamento" dell’economia legato alle manovre correttive, proposte nei giorni scorsi dalla sinistra, e invita il futuro governo a puntare piuttosto sui "fattori in grado di favorire la crescita".

"Al nuovo parlamento e al nuovo governo spetta il compito di esplorare le azioni in grado di generare una più equilibrata composizione di entrate e spese". Sottolineando la necessità di "restare sul sentiero di risanamento che conduce al pareggio di bilancio", Giampaolino ha sottolineato più volte la priorità di ridurre le tasse per far uscire il Paese dalla recessione e riavviarlo alla crescita. Un diktat che sembra lanciato sia al Professore, che per tredici mesi non ha fatto altro che far lievitare la pressione fiscale, sia alla sinistra, che nei giorni scorsi già paventava la necessità di fare una "manovrina" aggiuntiva da 7 miliardi di euro. Per la magistratura contabile, infatti, continuare a spremere gli italiani non è affatto la giusta ricetta per far ripartire il Paese e farlo uscire finalmente dal tunnel della crisi economica. "Il percorso di riequilibrio dei conti pubblici si presenta ancora lungo e non privo di impegni gravosi", ha continuato il presidente della Corte dei Conti sottolineando che "l’azione di riequilibrio dei conti pubblici costituisce non solo una precondizione per riprendere il cammino della crescita ma è essa stessa un fattore di crescita". Secondo la magistratura contabile, infatti, l'asimmetria temporale tra gli effetti restrittivi delle ripetute manovre di riduzione del disavanzo e l’impatto positivo sulla crescita degli interventi di sostegno all’economia e delle riforme rischia di generare "un equilibrio fragile e una rincorsa incompiuta degli obiettivi di finanza pubblica".

Il presidente della Corte dei Conti poi passa a un altro tema di grande attualità: il condono fiscale, proposto ieri da Silvio Berlusconi. "Il condono ha delle ragioni: deflazionare il contenzioso e realizzare introiti in tempi rapidi. Si tratta di motivazioni intuitive e fondate". Nottola ha poi distinto il condono fiscale da quello edilizio, dicendo che quest’ultimo "sarebbe proprio da evitare". Il pg ha infine confermato che "per i condoni passati il gettito non è stato interamente effettuato". Il condono si è allora trasformato in una «sanatoria generalizzata e l’evasione invece di essere perseguita viene tollerata» e questo è un "effetto patologico della normativa".

All’inaugurazione dell’anno giudiziario, Giampaolino ha posto l'accento anche sulla corruzione, e sull'evasione fiscale, due mali che segnano profondamente il nostro Paese e ne mina la credibilità all'estero. "In Italia la corruzione ha assunto una natura sistemica che oltre al prestigio, all’imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione pregiudica l’economia della nazione", ha avvertito il presidente della Corte dei Conti. Secondo ai dati in possesso della magistratura contabile, sono almeno 5mila gli organismi "costituiti e partecipati dagli enti locali" e il cui indebitamento è valutato in oltre 34 miliardi di euro.

Il procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola ha sottolineato che "la gestione degli enti partecipati spesso sfugge al controllo dell’ente" e che comunque sullo stesso gravano "le conseguenze dannose di una gestione disavveduta o di comportamenti illeciti, a volte anche delittuosi".

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