Ne avesse azzeccata una che è una. Eppure il vizietto della profezia di misfatti e fatti (che non si sono mai avverati) nel teatrino della politica italiana, Massimo D'Alema non lo vuole proprio perdere. È un uomo (e una profezia) per tutte le stagioni, mister «baffino», e quando profetizza lo fa con il suo solito sussiego, quasi gli schifasse un po' farlo e soprattutto parlarne, e con quel pizzico di acredine, ma solo un pizzico, intendiamoci, che fa regolarmente infuriare tutti. Persino i suoi amici e colleghi piddini. Poi c'è il trattamento a parte che lui riserva ai suoi nemici prediletti, il più prediletto dei quali resta sempre e comunque Silvio Berlusconi contro cui spreca ogni volte parole d'odio e di veleno. Ma tant'è, questo è «baffino», il nocchiero di mille navigazioni che riesce sempre a restare abilmente a galla.
Poi ci sono ancora le figuracce che colleziona magari anche solo davanti a ottanta-persone-ottanta in una innocua quanto semisconosciuta frazione di Narni dove è avvenuta la sua più recente uscita (raccontata sulla prima pagina del Fatto quotidiano) con profezia e insulti annessi. Location: la festa del Pd a Taizzano, dove l'ex premier ha insultato, con poche ma chiarissime parole, non solo il Cavaliere ma tutti gli italiani. La sua frase è illuminante: «Berlusconi e Grillo hanno milioni di voti perché gli italiani amano i pregiudicati». Carina, no? Insomma per D'Alema siamo tutti delinquenti, in Italia. Non meno carino il giudizio che ha espresso durante la «festa» sul suo compagno di partito e attuale premier Enrico Letta: «È solo un leader di transizione per un governo momentaneo e con un programma di scopo. Non sarà utile una seconda volta. Per il futuro io immagino Gianni Cuperlo alla segreteria del partito e Matteo Renzi a Palazzo Chigi».
Dando per scontato che i due «nominati» da D'Alema abbiano già cominciato a fare gli scongiuri di rito per questa profezia, c'è subito da registrare una precipitosa retromarcia che la sua portavoce, Daniela Reggiani, è stata costretta a fare dopo che quelle parole sono rimbalzate nella sede del Pd: «Le dichiarazioni attribuite da Il Fatto a Massimo D'Alema sono il frutto di un resoconto parziale, talora distorto e forzato. Ne esce fuori una ricostruzione del suo incontro con i militanti del Pd alla festa di Taizzano che non è fedele ed è gratuitamente ed esageratamente polemica». Un'altra figuraccia per «baffino» che si è permesso di liquidare quello che avrebbe dovuto essere il suo leader di riferimento. Detto ciò veniamo ai consigli che D'Alema ha pensato bene di dispensare anche questa volta con la sua sprezzante generosità: «Berlusconi non ha altre vie d'uscita che quella di accettare la sentenza e quindi la condanna. Andrà ai domiciliari e poi ai servizi sociali, potrà continuare a fare politica anche fuori dal Parlamento, come insegna Grillo, che non è in Parlamento perché non può, è pregiudicato per un reato odioso, l'omicidio colposo. Quindi Berlusconi anche come pregiudicato arriva per secondo. Eppure tutti e due hanno milioni di voti. Perché milioni di italiani odiano i politici, ma amano i pregiudicati. Se il centrodestra pensa di legare il proprio destino a quello giudiziario di Berlusconi, si dovrà rassegnare a un declino senza ritorno. Credo anche che se si andrà alla conta dei voti in aula il centrodestra potrebbe dividersi.
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