Torna a Roma il Cavaliere e, come fosse un dejà vu, riprende il solito giro di consultazioni con i vertici del fu Pdl. Ieri sera è toccato ad Angelino Alfano, oggi a pranzo dovrebbe essere la volta dei ministri, mentre nel pomeriggio toccherà al lealista Raffaele Fitto (che «minaccia» sorprese). Ancora una volta, dunque, Silvio Berlusconi prova a tenere insieme le diverse anime del partito, anche se resta comunque deciso ad andare avanti sulla strada del ritorno in Forza Italia.
Un Cavaliere che guarda al voto sulla sua decadenza da senatore come «punto di non ritorno». Lo definisce «lo spartiacque» e dopo che ieri il Senato è andato avanti «a tappe forzate» è sempre più convinto che Enrico Letta d'intesa con il presidente del Senato Piero Grasso - stia giocando per «eliminarlo». Ecco perché, continua a ripetere in pubblico e in privato l'ex premier, «non è concepibile un governo insieme a chi vuole farmi fuori dalla politica per via non democratica». Al di là delle tensioni interne al partito, delle raccolte delle firme in corso da una parte e dall'altra in vista del Consiglio nazionale che ufficializzerà il traghettamento del Pdl in Forza Italia, resta infatti questo il passaggio decisivo. Il momento in cui «ognuno si dovrà assumere le sue responsabilità». Questo dice nelle sue conversazioni private Berlusconi, convinto che ci sia anche tra i ministri chi ha già deciso di abbandonarlo al suo destino e «pensare solo alla poltrona». Lo dice esplicitamente il Cavaliere e l'espressione «traditori» è forse la più tenera tra le tante che usa.
È anche per questa ragione che intende andare avanti, per quello confida a un amico di vecchia data - che «mi è toccato vedere negli ultimi mesi». La delusione per quanto accaduto nelle ultime settimane brucia, ma Berlusconi è rimasto colpito anche dai tanti che in questi giorni «tirano per la giacchetta» Alfano. Gente che mi deve tutto ripete in privato ma che adesso non vede l'ora che Angelino rompa solo perché sperano di ritagliarsi un ruolo. Non è un caso che nella nuova Forza Italia il Cavaliere abbia deciso di avocare a sé ogni incarico. Compreso il ruolo chiave di essere colui che firmerà le prossime candidature. Non solo per le Europee di maggio ma pure per le prossime Politiche, che siano nel 2014, nel 2015 o alla scadenza naturale della legislatura nel 2018. L'interdizione dai pubblici uffici, infatti, impedisce l'elettorato attivo e passivo, ma non l'amministrazione di un partito politico.
Intervistato da Bruno Vespa per il suo ultimo libro, è proprio del voto sulla decadenza che parla Berlusconi. «Sarebbe dice il Cavaliere - una macchia sulla democrazia italiana destinata a restare nei libri di storia. Il leader di centrodestra escluso così, con una sentenza politica che è il contrario della realtà, perché non si riesce a batterlo nelle urne». E ancora: «Segnalo che il governo, se volesse, avrebbe un'autostrada per risolvere il problema. È tuttora aperta la legge delega sulla giustizia e basterebbe approvare una norma interpretativa di una riga, che chiarisca la irretroattività della legge Severino». Insomma, «Letta dica sì o no». E il premier ovviamente non può che lasciare trapelare il suo «no». Anche perché la questione è ormai da tempo al centro del confronto interno al Pd in vista delle primarie dell'8 dicembre.
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