Dalla morte di Almirante, la destra italiana passa di decesso in decesso. In principio fu la cerimonia d'addio del suo leader insieme a Pino Romualdi. Poi fu la volta di Beppe Niccolai, anima rivoluzionaria dell'Msi. Pochi anni dopo morì l'Msi e la destra andò verso il centro. All'epoca intitolai una copertina e un editoriale dell' Italia settimanale «Destruzione». A fine secolo morì Pinuccio Tatarella, poi la miglior promessa del partito, Marzio Tremaglia. Anni dopo morì Alleanza nazionale. Poi si perse l'involucro più famoso della destra, Fini. Quindi morirono gli ultimi simboli dell'antica missineria, da Tremaglia senior a Rauti. Ma in questo funerale che dura da quasi venticinque anni, la destra in lutto è andata al governo, ha mietuto voti, ha guidato città importanti, perfino eterne. E nella morìa nascevano nuove creature: An, svariate fiamme, la Destra di Storace, che domenica comizierà a Roma preceduto da una coppia di buon augurio, Buontempo e Buonasorte. Un esorcismo per liberarsi dalla sfiga finiana che si accompagna invece a La Morte e Della Vedova, due esponenti di Fli, l'uno latore del vecchio Msi e l'altro radicale.
Ora c'è qualche segnale di vita, in verità un po' tardivo, tra gli ex-An del Pdl.
Ma il problema della destra è che in questi anni tra tanti defunti non è nato alcun nuovo leader. Qualche dignitoso esponente, qualche buon sindaco, qualche discreta speranza, e basta. È duro tornare a Itaca se non c'è Ulisse, Telemaco è partito e Penelope s'è data ai Proci. Ma forse è necessario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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