Dopo i bagordi sanremesi, con tutti quei progressisti sul palco, per la sinistra è arrivata la doccia ghiacciata: due regioni su due assegnate al centrodestra. L'equazione un po' approssimativa tra canzonette, monologhi e voti non ha funzionato nemmeno stavolta. Così ora, terminate la gara canora e pure quella elettorale, a suonarle ai dem sono in primis i delusi dal voto. Su La Stampa, ad esempio, Concita De Gregorio ha messo nero su Blanco - pardon, bianco - tutte le critiche a un Pd ormai incapace di rappresentare il Paese. Quello reale s'intende. Quello riscontrabile nella "vita vera" e non tra i lustrini della popolare kermesse.
Sanremo progressista, elettori a destra
"Se fossi la Sinistra - qualunque cosa essa ormai sia – e mi chiedessero preferisci essere egemone a Sanremo o nel Paese non avrei dubbi...", ha tuonato l'ex direttrice de L'Unità, riconoscendo poi l'errore di chi si illudeva che l'ampia platea del festival fosse sovrapponibile a quella dell'elettorato progressista. Insensato pensarlo. "Ma se fosse vero che 'la narrazione di Sanremo' è di sinistra, e piace a due terzi del Paese, come mai gli stessi due terzi poi non votano o votano a destra, se alle urne ci vanno. Qualcosa non torna", ha ragionato Concita. E per forza qualcosa non torna:il punto è che la platea televisiva (come quella reale dei votanti) è assai più risoluta di come spesso viene descritta e quindi non accetta acriticamente ciò che le viene proposto.
Concita De Gregorio processa il Pd
Le sparate anti-governative di Fedez, i baci "fluidi" sul palco e i monologhi impegnati li hanno ascoltati in molti, ma ciò non significa che siano stati condivisi o apprezzati da tutti. Anzi, il contrario. "È tutto sbagliato, è tutto incomprensibile e da rifare. Che motivo ci sarebbe di cambiare i vertici della Rai, di imporre dirigenti nuovi – ad averne, disponibili fascistissimi e credibili per curriculum – se già questi producono il risultato emerso dalle urne?", ha proseguito De Gregorio, arrivando poi alla facile conclusione che il problema stia innanzitutto nella sinistra. Nel progressismo che si crogiola nella "presunta cultura egemone" ma poi non è in grado di esprimere "una cultura politica". E così è partito il processo della giornalista al Pd, con tanto di sentenza finale di condanna.
"Candidati opachi, senza carisma. Così nulla cambierà"
"Troppe volte l'elettorato di sinistra si è fidato e si è affidato a chi, alla fine, ha fatto il suo personale interesse. Ha macinato soldi, legittimamente per carità, consulenze e conferenze profittando del suo reddito reputazionale: del credito che in qualche momento gli elettori gli avevano dato, credendo che lo statista, l'uomo nuovo avrebbe lavorato per loro, per tutti e non per sé", ha lamentato la conduttrice televisiva, puntando il dito anche contro i "candidati opachi, senza carisma, frutto di mediazioni fra nemici interni" proposti in area dem. Gli elettori di sinistra - ha aggiunto Concita - "non sono scomparsi: sono esausti. Risparmiano le forze, come i malati, per continuare a vivere. Finché non ci sarà il segnale che la vecchia fallimentare guardia si è ritirata (...) nulla cambierà. Meloni governerà finché non ci sarà un'alternativa che non sia quella dei soliti noti sotto mentite spoglie".
La sentenza di Concita contro i dem
"Qualcuno è in grado di indicare un futuro in cui credere rinunciando a personali e minuscole ambizioni? Non sembra", ha infine tuonato la giornalista, strigliando idealmente i vertici Pd.
A furia di rappresentare un'Italia che non c'è - quella del razzismo, del fascismo alle porte e dei diritti brutalmente negati - la sinistra s'è ritrovata sola all'angolo. Implacabile e schiacciante la sentenza della De Gregorio: "La destra nella vita vera vince".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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