Il governo ha presentato alla Corte europea dei diritti dell'uomo la domanda per il riesame della sentenza del 28 agosto 2012, con cui la Corte stessa aveva di fatto bocciato il divieto italiano di effettuare diagnosi preimpianto sugli embrioni.
La decisione del governo "si fonda sulla necessità di salvaguardare l'integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale, e non riguarda il merito delle scelte normative adottate dal Parlamento né
eventuali nuovi interventi legislativi", ha spiegato in una nota Palazzo Chigi.
Il 28 agosto 2012 la Corte europea per i diritti dell’uomo aveva accolto il ricorso di Rosetta Costa e Walter Pavan che, portatori sani della mucoviscidosi, lamentarono di non poter accedere alla diagnosi genetica preimpianto al fine di selezionare un embrione che non fosse affetto da tale patologia. La
Corte dichiarò violato l’articolo 8 della Convenzione sui diritti dell’uomo e condannò l’Italia al pagamento di 17.500 euro ai ricorrenti per danni morali e per le spese.
"La domanda di rinvio si è resa necessaria in quanto l’originaria istanza è stata avanzata direttamente alla Corte europea per i diritti dell’uomo senza avere prima esperito - come richiede la Convenzione - tutte le vie di ricorso interne e senza tenere nella necessaria considerazione il margine di
apprezzamento che ogni Stato conserva nell’adottare la propria legislazione, soprattutto rispetto a criteri di coerenza interni allo
stesso ordinamento. La Corte ha deciso di non rispettare la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni, ritenendo che il sistema giudiziario italiano non offrisse
sufficienti garanzie", ha spiegato il governo.
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