Ci voleva la schiettezza al limite della ruvidità di Pierluigi Bersani per far sì che la sinistra si schierasse con decisione dalla parte del free speech. Che poi, a rigor di logica, significa sedersi dalla parte di Donald Trump ed Elon Musk che del diritto di critica sono gli estremi alfieri. Un gustosissimo cortocircuito del mondo progressista. Noi, che da sempre sventoliamo la bandiera della libertà di parola, non possiamo che essere contenti di questo repentino posizionamento, ma anche un po' stupiti. I fatti: è il primo settembre del 2023 e l'ex leader del Pd conciona dal palco della Festa dell'Unità di Ravenna. Bersani, davanti a quella platea, si sente nel tinello di casa sua e si sbottona più del solito definendo il generale Vannacci «un coglione».
La sinistra del politicamente corretto che scivola in una tale scorrettezza - si potrebbe pensare - è proprio il mondo al contrario. In realtà l'area progressista ha sempre avuto un utilizzo à la carte del galateo lessicale: insultare un esponente della destra non solo non è un reato, ma è anzi un coraggioso atto di resistenza di fronte all'avanzata della barbarie. Quando invece viene offeso qualcuno
di sinistra il binario cambia subito: immediata querela per denunciare alla pubblica autorità lo squadrismo verbale fascista. E adesso che la Procura della città romagnola ha deciso di mandare a processo Bersani a sinistra circola un vento di stupore e indignazione, come se il mondo si fosse davvero rovesciato.
A noi, lo ammettiamo, Bersani sta piuttosto simpatico (specialmente come battutista, meno come dileggiatore) e quindi ci auguriamo che finisca tutto per il meglio, anche perché
intasare i tribunali con delle bagatelle non è mai una buona idea. Ma prima di ogni cosa speriamo che, una volta per tutte, il mondo radical imbocchi la strada della libertà di parola, ricordandosi però che non è a senso unico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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