La disobbedienza civile che apre le porte all'illegalità

Quando governava il Pd non ha mosso un dito. Ora manda avanti i sindaci a invocare il rispetto dei diritti: Sala si batte per le coppie gay, Lepore per lo ius soli e Nardella per gli abusivi. Tutto a spese della legalità

La disobbedienza civile che apre le porte all'illegalità

Niente più scioperi per chiedere salari più alti o maggiori tutele. Niente più manifestazioni per battersi per i lavoratori o le famiglie in difficoltà. Le battaglie per il proletariato sono ormai démodé, echi lontani del secolo passato. Persino i rider, che all'ora di cena affollano le vie delle città, non fanno più notizia. Meglio lo show della "disobbedienza civile" in nome dei diritti. Ora che il Partito democratico non è più al governo, e non ha più la maggioranza per legiferare, si sgola per pretendere lo ius soli, il registro per i figli delle coppie arcobaleno, case per gli abusivi. Lo fa mandando avanti sindaci che, anziché preoccuparsi della sicurezza e del benessere dei propri cittadini, preferiscono piantare bandierine ideologiche, spesso infischiandosene bellamente della legge.

A Milano c'è Beppe Sala, il sindaco cool che ha colorato tutta d'arcobaleno una delle fermate della metropolitana in nome dei diritti Lgbtqi+. Nelle ultime ore ha ingaggiato un corpo a corpo col governo che, tramite il prefetto, gli ha ricordato che non può registrare all'anagrafe i figli delle coppie omogenitoriali. C'è una sentenza che non lo permette ma lui se ne è sempre infischiato. E, adesso che non glielo permettono più, fa il diavolo a quattro anziché occuparsi dei tantissimi guai della città che amministra, non da ultimo quello della sicurezza. Non stupiamoci poi se i suoi consiglieri comunali si preoccupano più del "diritto alla privacy" delle borseggiatrici, che infestano i mezzi pubblici di Milano, che delle povere vittime derubate mentre vanno al lavoro.

A Bologna, invece, troviamo Matteo Lepore. Nelle ultime ore si è messo a fare il tour delle scuole per "promuovere il principio dello ius soli". Il Partito democratico non è riuscito ad approvarlo quando era al governo e aveva la maggioranza per farlo e così il sindaco va a fare propaganda tra i banchi scommettendo tutto sulle nuove leve della sinistra. La cittadinanza facile ai figli degli stranieri è da sempre un suo pallino. Tanto da averla fatta inserire nello Statuto comunale. "È un principio bolognese - dice - perché ancora in Italia non c'è". E infatti la legge, almeno fino a quando il Pd non avrà i numeri per cambiarla, è ancora tarata sullo ius sanguinis. Un messaggio, quello veicolato dal sindaco, sbagliato non solo per i giovani studenti bolognesi ma anche per le migliaia di disperati che, grazie agli spot degli ultrà dell'accoglienza, credono ancora che l'Italia sia il Paese del Bengodi.

A Firenze, infine, c'è Dario Nardella che, anziché usare il pugno duro contro chi occupa le case, li "regolarizza" garantendo loro una residenza anagrafica fittizia. Il mondo al contrario, insomma, dove l'illegalità viene costantemente non solo premiata ma addirittura favorita.

Se il Partito democratico cred davvero in queste battaglie, viene da chiedersi, perché non le ha portate avanti quando aveva la maggioranza in parlamento per fare le riforme necessarie? Perché nelle precedenti legislature non si è speso per le coppie gay? Perché nel 2017 ha lasciato naufragare lo ius soli? Appena arrivata al Nazareno Elly Schlein, oltre ad annunciare di voler mettere le mani sui risparmi degli italiani, ha promesso un giro di vite sui diritti. Si vedrà. Intanto l'ideologia della "disobbedienza civile" dei sindaci non fa altro che alimentare, appunto, l'illegalità.

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