Clamoroso a Montecitorio, c'è l'opposizione. Questa cosa strana, sconcertante, roba da extraterrestri, per alcuni un po' pericolosa, da guardare con sospetto, come fanno da giorni i «largointesisti». È che della sua esistenza c'eravamo tutti dimenticati; dopo anni di governi tecnici, presidenziali, inciuci più o meno sotterranei, convergenze al centro, di Monti, di Letta e di Napolitano, di responsabili, poltronisti, ministeriali e di quelli che si turano il naso, perché comunque hanno famiglia. Insomma, l'Italia era una democrazia con opposizione in sonno. E adesso che si è risvegliata sembra una bestemmia.
Quelli delle larghe intese proprio faticano a digerirla. Chi sono questi? Da dove sono usciti? Che vogliono? Probabilmente, votare. Almeno in questo sono d'accordo. Per il resto le opposizioni non sono tutte uguali e neppure si amano tanto. In Parlamento sono minoranza, ma come voti fanno una bella fetta di Italia. Fuori dal Palazzo sono una forza. C'è Grillo, c'è Berlusconi e presto potrebbe esserci anche Renzi, che fa l'oppositore mascherato, ma pronto a sabotare tutto appena trova l'occasione giusta. È per questo che al governo cominciano a smaniare, a sbracciarsi, con il Quirinale che, se potesse, troverebbe volentieri un modo per dichiararli incostituzionali. Invece, fuori dalla Costituzione finiscono Camera e Senato e magari anche il presidente della Repubblica che questo Parlamento ha eletto a «reti unificate». Non potendo comunque cacciare tutte le opposizioni, i governativi si sono inventati un ritornello. Populisti. Populisti perché vogliono abbassare le tasse, populisti perché pensano che questa Europa sia una fregatura, populisti perché vogliono le elezioni, populisti perché in questo Paese di burocrati c'è ancora il popolo. L'obiettivo dei lettanapoletanoidi è congelare tutto il più a lungo possibile.
Solo che non si accontentano di non votare, vorrebbero anche il silenzio di chi non è d'accordo. Vogliono la complicità di chi non la pensa come loro. Tutti pronti a battere le mani al grande architetto seduto sul Colle, a far vinta che tutto va bene.
In nome della crisi, in nome della stabilità, in nome delle riforme, in nome dell'Europa. Zitti, anche se la crisi resta, la stabilità è un cimitero, le riforme le fa la Corte costituzionale a colpi di sentenze, e l'Europa parla solo tedesco.
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