E l'Ue beffa l'Italia e nega gli aiuti

L'Europa non scende in campo: soltanto promesse vaghe. E noi in sei mesi abbiamo già speso 42 milioni

E l'Ue beffa l'Italia e nega gli aiuti

Roma - Per l'Italia arriva l'ennesimo semaforo rosso dell'Europa sull'immigrazione. Nonostante i pre-annunci di lotta e le fiduciose dichiarazioni del nostro premier, alla prova dei fatti non arriva alcun cambio di rotta. Dal Consiglio europeo l'Italia incassa la classica raffica di promesse, con frasi generiche e rassicuranti sul futuro rafforzamento operativo di Frontex. I numeri, però, sono implacabili e raccontano per il periodo ottobre-aprile di un contributo europeo di circa 12 milioni (in parte pagati da noi) rispetto ai 54 spesi dall'Italia per garantire una missione come «Mare Nostrum» da 300mila euro al giorno. Un saldo di 42 milioni pagati di tasca nostra che difficilmente verrà ribaltato dalle promesse comunitarie.
Il punto debole dell'approccio europeo è sempre lo stesso: la pacca sulle spalle virtuale sul Frontex non viene accompagnata dalla più logica misura di partecipazione all'emergenza: la reciprocità nel diritto d'asilo.
«C'è un passo avanti» per essere «un po' meno soli nel Mediterraneo» è l'ottimistica versione firmata Matteo Renzi. Il problema è scalfire il «catenaccio» del Nord Europa, sostanzialmente impermeabile alle richieste d'aiuto degli altri soci dell'Unione e ben felice di scaricare sui Paesi d'arrivo l'onere della permanenza dei rifugiati. «L'immigrazione resta un affare di pochi Stati membri. Alle parole del governo non si riesce a far seguire i fatti» dice Deborah Bergamini. E Renato Brunetta parla di «umiliazione-immigrazione», ricordando come siano stati smentiti anche gli accordi di fine 2013 che lasciavano prefigurare la modifica dei trattati di Dublino, per consentire finalmente, con il visto dai Paesi di primo approdo, il trasferimento dei profughi su tutta la geografia europea.
D'altra parte l'atteggiamento verso l'Italia somiglia a una eterna ripetizione di un identico schema. Le stesse aperture all'idea di una Guardia Costiera Ue - «avremo una polizia frontaliera unica» annuncia Simona Bonafè - non sono certo una novità. «Ricordo quando venne chiuso il bilancio 2007-2013» ricorda l'ex commissario e vicepresidente della Commissione, Franco Frattini. «Era stato previsto un extra-budget per Frontex che poi per ragioni procedurali non ci venne mai assegnato». Lo stesso avvenne con la Guardia Costiera comune. «La proposi da commissario nel 2006, il progetto partì e si era già passati a un livello operativo, c'era persino chi si stava occupando delle divise, con la doppia bandiera, quella dell'Ue e quella del singolo Paese da apporre sulle uniformi. Alla fine, però, si bloccò tutto perché il problema vero non è il pattugliamento. Il punto su cui la solidarietà europea si infrange è il burden-sharing degli immigrati e dei richiedenti asilo.

Quando si tratta di stabilire l'immediato smistamento nei Paesi europei, soprattutto del Nord, tutti si tirano indietro». Risultato: l'Italia resta sola, l'Europa gira la testa da un'altra parte, e il budget di Frontex per il 2014 resta inferiore a quello del 2013.

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