Roma - L'ammirazione nei confronti di Berlusconi lo ha fatto diventare anche regista. Si chiama Il Fiume della Libertà il film («diciamo un docu-film) che il senatore Francesco Giro ha tratto da due mesi di full immersion nei materiali di archivio di vent'anni del Berlusconi politico.
Giro, com'è nata l'idea?
«Un paio di mesi fa, fine maggio, sono andato da Roberto Gasparotti (responsabile dell'immagine di Berlusconi, ndr) e gli ho detto: Roberto, si avvicina il ventennale, dobbiamo inventarci qualcosa. Perché non facciamo un film?. E lui mi ha risposto: Magari!. Quindi sono partito».
Partito come?
«Mi hanno fornito tanti dvd da visionare, ore e ore di filmati tratti da un archivio imponente: Mediaset, Rai ma anche riprese dello staff di Berlusconi. Poi ho consultato i testi dei discorsi pubblici di Berlusconi pubblicati da Mondadori e ho chiesto altri filmati. Ho fatto le 4 per due mesi».
Un tempo breve per un film...
«Ma all'inizio i tempi non erano questi. Il progetto originale prevedeva un semilavorato da consegnare dopo l'estate, per poi fare un montaggio definitivo e un commento audio con una voce fuori campo. Poi abbiamo deciso di fare uscire il film prima della sentenza della Cassazione su Mediaset e così abbiamo sostituito il commento audio con didascalie che rendono intelleggibile la sequenza per altro già molto chiara».
Qual è il filo conduttore del film?
«Abbiamo seguito un criterio cronologico, che strada facendo diventa anche logico, ordinato per grandi temi: per dire, per il governo 2001-06 abbiamo dato rilievo all'aspetto internazionale, alla diplomazia tutt'altro che naïf di Berlusconi, mentre raccontando il governo 2008-11 diamo più rilievo al profilo interno, all'avanzare della crisi economica, al terremoto dell'Aquila. Partiamo dal 1994 e ci fermiamo alla caduta dell'ultimo governo Berlusconi, nel novembre 2011».
Fatto tutto da solo?
«Beh, i filmati li ho visti e scelti tutto da solo. Poi certo, ho lavorato con un montatore, Walter, con cui abbiamo tagliato più volte fino alla durata finale di un'ora e mezza».
Proprio come un film normale. Finirà nelle sale?
«L'utilizzo del film lo deciderà Berlusconi, che stasera (ieri sera, ndr) lo vedrà per la prima volta. Certo, la destinazione naturale di questo lavoro è farne un dvd da vendere per finanziare il partito, a cui appartengono i diritti. Ma se lui lo riterrà opportuno, potrebbe essere trasmesso anche dai canali Mediaset».
Nella full immersion che cosa l'ha più colpita dei vent'anni di berlusconismo?
«La cosa più suggestiva per me è il rapporto quasi fisico del leader con il suo popolo. Una cosa coreana? No, qui parliamo di carisma. Il film è essenzialmente la fenomenologia di una leadership carismatica e unificante, come non accadeva da quando De Gasperi e Togliatti avevano un ritorno popolare che solo Berlusconi ha replicato».
Basta il carisma per evitare il rischio dell'apologia?
«È un racconto emotivo, politico, prepolitico, culturale e anche ideologico. Apologetico? Celebrativo certamente ma senza nostalgie. Non ho scelto il canone del mélò, ma quello della forza, della potenza. Ne esce il ritratto di un uomo forte che ha detto tante cose e tante altre ha ancora da dire. Il rischio di avere un Berlusconi pervasivo, invadente è evitato da un racconto veloce che mostra un uomo intenso, genuino, vero e anche simpatico nella sua umanità».
Ma uno spettatore di sinistra che cosa ne penserebbe?
«Guardi, io non sono un fanatico, ma credo che Berlusconi sia quasi un personaggio letterario, di una complessità che lo fa appartenere più all'immaginario collettivo che alla
Beh, guarderà il suo film...
«Una buona battuta».
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