Il Cavaliere è tornato. E ha portato un partito nuovo, con «Italia» e «Libertà» nel nome e il 51% come obiettivo. Tanti avevano pensato di poter fare i conti senza di lui, messo da parte, relegato ai margini della politica: avversari, alleati (veri e falsi), quelli che hanno fatto di tutto per farlo sparire, rottamatori e riformatori, vecchia guardia e nostalgici della Dc. Ora però è chiaro a tutti che il fattore B non era tramontato. Berlusconi non ha la vocazione del senatore a vita, di quello che si gode la pensione d’oro. Si sente ancora illeader dei moderati, finché gli italiani lo vorranno. In questa Italia dove sono stati smarriti i punti di riferimento, lui ha ancora in mano un patrimonio di voti che non ha voglia di disperdere.
Resta sulla scena perché nulla di quello che ha visto lo ha convinto. Non lo convince l’Europa. Non si fida dei signori della finanza, comincia a vedere che anche altri temono una magistratura che sotto la toga indossa la casacca di partito. Ha lasciato spazio a Monti sperando che la sua squadra avesse una ricetta sicura in tasca. Si è accorto che quella ricetta sta ammazzando il Paese, a colpi di tasse e di rigore. Ma quella dei tecnici è solo una parentesi.
È tornato e vuole giocare in prima linea. Il vertice di Monti, Merkel, Hollande e Rajoy chiude ogni possibile ripensamento sull’euro, lui due ore dopo interpreta i dubbi di milioni di italiani e non firma cambiali in bianco per la moneta senza patria. «Tornare alla lira è stata un’idea lanciata in modo provocatorio e tattico, ma non è un’idea peregrina». E fa nomi, cognomi e nazionalità di chi sta boicottando il futuro. Angela Merkel e la sua Germania.
Il Cavaliere, da lontano, ha visto meglio le debolezze di questa stagione politica ed economica. Ha visto un governo che annaspa, cercando di sopravvivere, passando l’estate, come i vecchi esecutivi balneari cari alla prima Repubblica. Ha visto le indecisioni della classe dirigente europea, troppo miope, troppo impegnata a guardarsi l’ombelico. Ha visto che quella che molti consideravano una sua ossessione, le azioni politiche dei magistrati, ora è una preoccupazione comune. Lo confermano le parole di venerdì di Napolitano,che si interroga sull’uso strumentale delle intercettazioni. Lo conferma ieri Casini quando parla di «schegge della magistratura che forse hanno obiettivi intimidatori». Un ricatto, insomma, nei confronti del presidente della Repubblica.
Berlusconi quindi è tornato ed è consapevole anche dei suoi errori, tanto da chiedere scusa agli italiani. «Nel 1994 li ho illusi». È tornato per provarci ancora e mantenere una promessa. E non ripetere gli errori commessi.
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