Il mattone? Sbriciolato dalla crisi e dall'ottusità dei politici. Il comparto immobiliare? Più immobile che mai, perché impiombato da leggi e normative surreali che hanno fatto diventare l'Italia fanalino di cosa anche su un terreno, anzi sui terreni, dove eravamo prim'attori per fantasia, maestrìa, scelta e qualità dei materiali, precisione e classe nelle rifiniture.
E invece di fantasia è rimasta soltanto quella di una tassa famigerata, l'Imu. Vera tassa sulla fantasia introdotta dal governo tecnico. «Sulla fantasia, ha detto bene - sottolinea l'avvocato Federico Filippo Oriana, amministratore delegato di Aspesi, l'Associazione nazionale tra società di promozione e sviluppo immobiliare - perché l'Imu tassa addirittura l'immobile già prima che venga costruito, arrivando a tassare il terreno incolto su cui verrà costruito. Ci sono Comuni che prendono come valore dell'Imu la potenzialità di sviluppo che potrebbe avere la zona dove sorgerà quell'immobile, si rende conto? È impensabile, fantasioso appunto, se vogliamo usare un termine tenero».
«Per intenderci - gli fa eco l'architetto Antonio Anzani, presidente di Milano RealCom - è come se si facesse pagare il bollo sulle auto, quando sono ancora lamiere alla catena di montaggio».
Risultato? Un disastro. Tanto che l'Ance, l'Associazione dei costruttori, cui Aspesi aderisce in forma autonoma, ha stimato che, dall'inizio della crisi, il settore ha già perso 360mila occupati, che diventano 550mila se si considera anche l'indotto e i settori collegati. «Un numero esorbitante che, se avesse interessato una sola azienda - ammette con amarezza Franco Minardi de Michetti, presidente nazionale di Aspesi - e non si fosse trattato di società immobiliari, avrebbe innescato la reazione di sindacati e politici vari. Invece no, noi non facciamo né chiasso né notizia perché, nei pregiudizi italiani, perpetuati anche dai governi, il termine immobiliarista si associa al dispregiativo termine di speculatore». Ma torniamo ai dati della crisi di settore. I primi otto mesi del 2012, confermano il trend fortemente negativo, che ha caratterizzato il passato triennio, evidenziando un'ulteriore calo tendenziale del 13,8 per cento per le ore lavorate, del 10,3 per cento per gli operai e del 9,3 per le imprese costruttrici. Eppure - fa notare Oriana - la ricetta per uscire dalla crisi è molto semplice: dato che la crescita del Paese passa attraverso il rilancio del settore delle costruzioni, per innestare questo rilancio è necessario rimuovere alcuni problemi. In particolare attivare nuovi investimenti pubblici, eliminare il fenomeno dei ritardati pagamenti alle imprese, riattivare il circuito finanziari che rende estremamente difficile accedere ai mutui alle imprese e alla famiglie. E poi, naturalmente alleggerire il carico fiscale sugli investimenti immobiliari». «Un peccato mandare alla rovina un settore che è stato, per ogni governo, la gallina dalle uova d'oro - fa notare Anzani - un peccato anche perché c'è ancora la propensione all'acquisto della casa, ma il dedalo di normative che cambiano, in questo Paese, praticamente come ci si sposta di venti chilometri, trova anche noi stessi tecnici in difficoltà. Evidente che occorra dunque una legge di armonizzazione che renda omogenea la normativa di base. Il primo articolo di una nuova legge urbanistica dovrebbe affermare a chiare lettere che l'attività edilizia è un attività strategica per l'Italia». «Ancora oggi - riprende Oriana - ci sono troppe norme che disincentivano gli operatori ad investire in un settore che ha sempre garantito occupazione, risorse per la finanza pubblica come imposte, tasse e oneri di urbanizzazione e ricchezza e crescita per il Paese. Va ricordato che il settore immobiliare assieme alle costruzioni, di cui costituisce il traino rappresenta in Italia il 12 per cento del Pil e il 20 per cento dell'economia complessiva. Abbiamo fatto proposte concrete per uscire dall'impasse e ci fa piacere che il Pdl, nel suo programma elettorale, le abbia recepite ma noi siamo pronti a dialogare con tutte le forze politiche perché, prima di tutto, si metta mano finalmente ad una legge urbanistica che risale al 1942, introducendo norme di estrema semplificazione concernenti l'indifferenza della destinazione urbanistica e l'apertura agli interventi di demolizione e di ricostruzione fuori sagoma in un'ottica di salvaguardia del consumo di territorio. Seconda proposta quella ovviamente di una fiscalità di sviluppo e non depressiva che preveda un'imposta di registro agevolata all'1 per cento per tutti gli acquisti, anche da privati, di terreni ed edifici da trasformare da parte delle aziende immobiliari ed edilizie con l'impegno a rivendere o ad affittare l'immobile entro cinque anni quindi un'aliquota Imu ridotta al livello di prima casa anche per gli appartamenti i cui titolari si impegnino a locare la prima casa.
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