Epifani si intesta i meriti ma nel Pd volano insulti

La Serracchiani commenta acida il voto di Roma: "Come me, Marino vince nonostante il partito". Il tesoriere Misiani: "Stupidaggini"

Il segretario del Partito Democratico, Guglielmo Epifani
Il segretario del Partito Democratico, Guglielmo Epifani

«Come me, Ignazio Marino vince nonostante il Pd», dice acida Debora Serracchiani, reduce da una inaspettata vittoria in Friuli, ricordando che il candidato Pd di Roma ha fatto un'intera campagna elettorale prendendo le distanze dalla «bad company» Pd e dal governo Pd-Pdl in carica.
Viene subito rimbeccata («È una stupidaggine dire che vinciamo nonostante il Pd - twitta il tesoriere Antonio Misiani - il Pd è stato determinante per il buon risultato del centrosinistra in queste amministrative»), però è vero che ieri sera quasi nessuno ai piani alti del Pd credeva ai suoi occhi: Roma salva (dire che sulla capacità di vittoria di Marino scommettessero in pochi è un eufemismo); centrosinistra in vantaggio ovunque, anche in roccaforti storiche della Lega (Treviso) e del Pdl (Brescia); centrodestra in netto calo e - soprattutto - il Movimento Cinque Stelle di Grillo sotto a un treno. Meglio di così, viste le premesse, non poteva andare.
E infatti il neo segretario Guglielmo Epifani si affretta a intestarsi un risultato che lo rafforza: «Non posso parlare di me e della mia segreteria. Certo il voto è qualcosa che incoraggia il lavoro che ho cominciato e credo sia incoraggiante per tutto il Pd che è al fondo un partito forte e radicato», sottolinea in una conferenza stampa convocata appena il trend elettorale è apparso chiaro. Quanto al premier, Enrico Letta non commenta i risultati delle amministrative, ma è indubbio che anche a Palazzo Chigi si sia tirato un sospiro di sollievo: una batosta elettorale (a Roma in primis) avrebbe fatto esplodere il malcontento di tutti coloro che nel Pd sono contrari al governo di larghe intese col centrodestra, avrebbe fornito loro argomenti e fatto entrare in fibrillazione la maggioranza. Così, invece, la fronda anti-governissimo si ritrova con le armi spuntate, anzi spuntatissime vista la batosta presa dai grillini.
Se mai, le preoccupazioni di Letta ora riguardano il Pdl, punito dalle urne, e quindi spinto probabilmente verso posizioni più identitarie che possono creare problemi all'esecutivo. Ma di certo, da ieri - tra il voto amministrativo e lo sblocco della procedura per deficit eccessivo contro l'Italia - l'ex vicesegretario del Pd guarda con più fiducia a un orizzonte che si proietta verso il futuro: la fine dell'anno, il 2014 col semestre di presidenza italiana della Ue, e poi il 2015. «Se parte la Bicamerale per le riforme, Letta può scommettere di restare a Palazzo Chigi anche i prossimi due anni», dice Davide Zoggia.
Dal fronte renziano si butta un po' d'acqua fredda sugli eccessivi entusiasmi: «Il risultato di Roma è importantissimo - fa notare Angelo Rughetti, possibile Responsabile degli Enti locali nella prossima segreteria Pd - è il segnale di una politica positiva, slegata dai pasticci che combina il Pd a livello nazionale, e che ha il suo riferimento nel lavoro di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio». Quanto al Pd, «con il 25 per cento riconferma il suo zoccolo duro romano», dunque recupera poco o niente rispetto alla batosta di febbraio. I renziani, comunque, possono vantare alcune buone affermazioni per i candidati sindaci che avevano il loro marchio di fabbrica: da Siena, dove Renzi molto si è impegnato e dove Bruno Valentini è riuscito nonostante il terremoto Mps ad avere un'ottima affermazione; a Lodi fino a Vicenza.
Ora il Pd guarda con ottimismo ai ballottaggi, quasi ovunque. Soprattutto a Roma, dove Alemanno incassa un risultato da record negativo per un sindaco uscente.

Ma l'affermazione di Marino col Pd nazionale ha in verità poco a che fare: a imporne la candidatura - contro Franceschini e Bersani che sostenevano Sassoli - è stato Goffredo Bettini, ex eminenza grigia di Rutelli e Veltroni. Che ora torna il regista della Capitale.

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