È un'intera economia. È impresa. Lavoro. Reddito. Quello che raccontano le inchieste milanesi sugli appalti truccati è l'affanno di un Paese che investe e produce, ma al di fuori delle regole. È un mare di denaro appetito da un piccolo esercito di profittatori - imprenditori e cooperative rosse - che si arricchiscono violando le leggi. Quanto valgono le commesse finite nel mirino dei pm? Più o meno, un miliardo di euro. Una cifra colossale, distribuita grazie a faccendieri, politici e manager pubblici, unti a colpi di mazzette. «Ma le nostre sono meno care degli altri - dice l'ex Dc Gianstefano Frigerio -, noi chiediamo l'1%». Bontà loro, si accontentano. L'1% di un miliardo.
Eccolo, dunque, il grande business degli appalti. Un calcolo possibile ripercorrendo le carte dell'inchiesta che ha portato all'arresto di Frigerio, Greganti & Co. La prima gara riguarda il Servizio di pulizia dell'azienda ospedaliera di Melegnano. Valore: 14,6 milioni di euro. Altro ospedale, il San Carlo Borromeo di Milano. Procedura aperta per l'aggiudicazione del servizio di pulizia, sanificazione, raccolta e trasporto rifiuti: 19 milioni per il periodo 2013-2019. Terzo ospedale, quello della Provincia di Lecco: 34 milioni per il servizio di disinfezione, lavaggio e confezionamento di biancheria e materassi. Solo questo comparto, dunque, vale oltre 67 milioni.
Ma la cupola gioca anche sul tavolo del nucleare, con i tentativi di piazzare un uomo di fiducia dentro la Sogin, sede legale a Roma e ministero dell'Economia quale socio unico. La Sogin è responsabile della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina. Nel dicembre del 2012, un raggruppamento di imprese si aggiudica un appalto da 98 milioni. Per i giudici, quella gara sarebbe stata truccata grazie alle manovre di Giuseppe Nucci e Alberto Alatri, ad e manager della società, figure di riferimento della cricca. Sommati ai 67, si arriva così a 165 milioni.
C'è poi il grande capitolo di Expo, per salvare il quale il premier Matteo Renzi prepara un intervento del governo: «Serve una task force - spiega -, un sostegno legale e giuridico all'Esposizione che difenda la trasparenza di tutti i prossimi passaggi». Un'idea appoggiata dal ministro Angelino Alfano: «Dobbiamo rafforzare il versante anticorruzione». Su Expo, i magistrati contestano le commesse per le «Architetture di servizio», il progetto delle «Vie d'acqua», il servizio sosta (28 milioni), e quello di «mobility partner» (18 milioni). Sotto la voce «architetture», rientra in realtà una moltitudine di interventi: ristorazione, servizi igienici, spazi commerciali, servizi ai visitatori, sicurezza, logistica. Il valore della gara è di oltre 67 milioni. Le Vie d'acqua, invece, includono la riqualificazione della Darsena milanese (12,5 milioni), del canale Villoresi (14,7 milioni), e delle cosiddette «Vie d'acqua Sud» (56 milioni). Per l'evento del 2015, dunque, sarebbero stati distribuiti appalti (ritenuti irregolari) per un totale di 181 milioni. Più 165, fanno 346 milioni.
Ma la fetta più grande di questa immensa torta arriva dal grande polo della scienza e della ricerca che a Milano dovrebbe riunire l'Istituto neurologico Besta e l'Istituto nazionale dei tumori, realizzando a Sesto San Giovanni la «Città della Salute». La gara prevedeva la redazione della progettazione definitiva ed esecutiva, la direzione dei lavori ed il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e l'esecuzione dei lavori di realizzazione della «Città», la gestione dei servizi di supporto non sanitari del Besta e dell'Istituto dei tumori. Il tutto per 323 milioni. Che sommati ai 346 fin ora raggiunti, fanno quasi 670 milioni.
È finita qui? Non proprio. Perché gli arresti di giovedì scorso sono solo l'altra faccia della stessa medaglia. Quella che poco più di un mese fa portò in carcere Antonio Rognoni, ex dg di Infrastrutture Lombarde. Due indagini strettamente legate e separate dagli screzi in Procura tra l'aggiunto Alfredo Robledo e il capo Edmondo Bruti Liberati. Ma il tema è lo stesso. Appalti pubblici. Gare truccate. Manager compiacenti e imprenditori senza scrupoli. In quel caso, il conto lo fece il giudice: 224 milioni per 25 commesse che sarebbero state assegnate al di fuori della legge. Con i 670 di quest'ultima inchiesta si raggiungono gli 893 milioni.
Manca solo un ultimo tassello. L'appalto per la cosiddetta «Piastra» di Expo.
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