Nell'estenuante dibattito Imu sì, no, forse, un interrogativo inquietante si aggira nel palazzo: ma chi comanda davvero al ministero dell'Economia? Fabrizio Saccomanni è di sicuro il dominus del dicastero che fu di Quintino Sella e si sa come la pensi sulla tassa che colpisce il mattone. Burocrate, ex bocconiano, una vita in Bankitalia, custode dei cordoni della borsa e garante dei conti pubblici davanti agli euro-poteri-forti, se fosse per Saccomanni l'Imu resterebbe così com'è. Più volte davanti all'ipotesi dell'abolizione totale della tassa s'è messo di traverso: un giorno a dire che avrebbe effetti recessivi sull'economia, un altro a far suonare l'allarme sulle mancate coperture. Nel palazzo si racconta che proprio la sua pigrizia nella ricerca delle coperture lo induca a frenare sul taglio delle tasse. È proprio il ministro, quindi, a gettare sabbia nell'ingranaggio che dovrebbe cancellare l'imposta più odiata dagli italiani, naturalmente guadagnandosi gli applausi a scena aperta dei piddini, Fassina su tutti. Il quale è l'alfiere del «non subiremo ricatti sull'Imu da parte del Pdl».
Come Fassina, vice di Saccomanni, la pensano in molti nel Pd. Ma non tutti. Sì perché Pier Paolo Baretta, sottosegretario al Mef, nonostante sia uomo di sinistra sull'Imu sembra essere molto più morbido del suo capo. Sindacalista targato Cisl, l'onorevole piddino giunto alla sua seconda legislatura, continua ad avere un ottimo rapporto - udite udite - col falco pidiellino, Renato Brunetta. Proprio sull'Imu, in passato, non sono mancati gli attestati di stima rivolti a Baretta da parte del coriaceo capogruppo pidiellino alla Camera. Come quando, lo scorso 8 agosto, il sottosegretario giurò: «Non si può fare pagare a settembre ciò che non si è fatto pagare a giugno», disse. E Brunetta: «Apprezziamo molto le parole del sottosegretario».
Non solo. Il sottosegretario piddino si mostrò attento anche a una questione di metodo: «Serve una valutazione complessiva perché ci sono anche gli interventi da fare sul cuneo fiscale, la Cig e gli esodati, oltre alla necessità assoluta di allentare il patto di stabilita. La somma di impegni è molto rilevante e la cabina di regia con i partiti di maggioranza dovrà tenere conto di tutto, fare i conti con le risorse e fare una valutazione obiettiva delle priorità, condividendole». Altro miele per le orecchie di Brunetta che proprio in queste ore tornano a invocare la «cabina di regia».
Sorta di camera di compensazione delle ruggini tra governo e maggioranza, la cabina di regia è un animale a due teste. Una testa è prettamente tecnica mentre l'altra è più che altro politica e comprende, oltre ai ministri, i capigruppo di Camera e Senato dei partiti che compongono la maggioranza. Fino a oggi, sulla questione dell'Imu, s'è riunita due volte. Lo scopo principale è quello di arrivare a testi di legge il più condivisi possibile in modo da non rallentare troppo l'azione di governo. Non solo: la formula del consesso dei big dei partiti dovrebbe garantire un maggior peso dei partiti sulle decisioni prese a Palazzo Chigi, evitando pure che le carte le dia soltanto il ministro, magari nascondendole ai sottosegretari.
Basta con l'«uomo solo al comando», insomma. Ma così ha agito Saccomanni qualche giorno fa sull'Imu, presentando un documento con 9 proposte per rivedere la tassazione sugli immobili. Un po' come dire: il menu è questo, ora smazzatevelo voi parlamentari.
«Eh no - è la risposta del Pdl che proprio attraverso la camera di regia vuole far valere le proprie ragioni -. I testi vanno condivisi rispettando il patto politico sul quale il governo è nato: via la tassa sulla prima casa». E anche su questo punto al ministero dell'Economia non sembrano remare tutti dalla stessa parte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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