Le faide a 5 stelle spaccano il "Fatto" di Travaglio

Il flop elettorale complica la successione a Padellaro. Anche Vauro finisce nel mirino. E con Santoro la pace è lontana

Le faide a 5 stelle spaccano il "Fatto" di Travaglio

Marco Travaglio è diventato condirettore e Il Fatto quotidiano è una polveriera. Cordate, contrasti, dissensi sulla linea da tenere. Grillini doc o filorenziani? Allineati e coperti con Casaleggio o disposti a considerare le critiche sulla gestione della campagna elettorale? I dilemmi che attraversano la redazione, spargendo sospetti e diffidenze, sono qualcosa più di un sintomo delle ambasce che tormentano il post-europee pentastellato. Ieri nel suo editoriale Travaglio ha individuato «tre modi per riaversi da una sconfitta»: negarla, piangersi addosso o analizzarne le cause. Ce n'è una quarta - visto che, dopo i flop di Di Pietro e Ingroia, precedenti cavalli travaglieschi, ora anche Grillo va avanti a Maalox - ed è consolarsi con la condirezione del giornale. Intanto il M5S è un groviglio di nodi, una matassa di quesiti, un cous-cous di problemi. Il tutto reso simbolicamente dal suo leader che si fa fotografare con una corona di spine in testa sulla spiaggia di Marina di Bibbona. Dobbiamo allearci con Nigel Farage o con i Verdi? Dobbiamo continuare a usare la televisione o rifugiarci in Rete? Dopo la pubblicazione del documento dello staff Comunicazione della Camera che conteneva forti critiche alle scelte della coppia Grillo-Casaleggio il dibattito è apertissimo. Ma soprattutto sono molto aperte le crepe sulle pareti del movimento. Tra leader carismatici e parlamentari, innanzitutto. E poi nei media e tra gli opinionisti di riferimento.

Dicevamo del Fatto quotidiano. Qualche settimana fa Antonio Padellaro, mediatore tra le anime della redazione già messa alla prova da polemici abbandoni (quello del caporedattore Vito Lopez insofferente alla linea grillina) era tornato a parlare di ritiro e di ruolo di «padre nobile» alla maniera di Furio Colombo. L'exit strategy sembrava definita con la candidatura del direttore del sito, Peter Gomez, alla successione di Padellaro. Ma c'era un problema: firmando per il quotidiano cartaceo l'intervista nella quale Santoro faceva capire che la separazione da Travaglio era tutt'altro che un temporale di primavera, Gomez si era schierato. Così Travaglio aveva puntato i piedi e, dopo aver risposto con una monumentale intervista a Casaleggio e pronunciato il suo endorsement grillino a Otto e mezzo, otteneva anche di salire nella gerarchia della testata con la nomina a condirettore, ufficializzata due giorni prima del voto. Dopo il quale, fugando ogni dubbio, Gomez scriveva sul sito: «Lo tsunami c'è stato, ma tutto in favore dell'ex sindaco di Firenze. Agli occhi di un grandissimo numero di elettori il giovane premier è riuscito davvero a incarnare la speranza. Con Grillo (doppiato) che ha invece finito per trasmettere troppo pessimismo e molta paura». Parole chiare, quanto la spaccatura verticale tra i vertici della testata. E proprio mentre l'Editoriale il Fatto S.p.a. predisponeva il piano industriale per la quotazione in Borsa. Ultimo dettaglio per niente rasserenante: l'Editoriale il Fatto S.p.A. possiede il 30,2 per cento della Zerostudio's S.r.l. produttrice di Servizio Pubblico.

E qui siamo alla seconda crepa, quella che corre sulla parete del programma di Michele Santoro. Crepa profonda. Qualche tempo fa Santoro si aspettava una difesa di Travaglio dopo gli ultimi attacchi sul blog di Grillo. Se fai parte della squadra, era suo il pensiero, in una situazione come questa devi pronunciarti. Ma lui non s'era esposto. Oltre che da esperimento tv (andato così così), il varo di Announo doveva servire da tregua. Ora c'è una lunga estate davanti e chissà se porterà consiglio.

Tuttavia i segnali non sono buoni, come conferma l'ultima querelle di ieri con la pubblicazione sul Fatto di una vignetta di Vauro Senesi. Sotto il titolo: «Alleanza con Farage». Vauro è stato scomunicato come «Vignettista del giorno». L'ex comico non tollera più la satira. Ne sa qualcosa Maurizio Crozza, anche lui vittima del blog, bolide del fango.

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