Da fascismo ad autoritarismo: il tormentone (estivo) dei radical chic

L'estate scorsa tutti a gridare al pericolo fascista. Oggi la nuova moda è la deriva autoritaria. Stessa canzone stonata e stessi cantori. Ma il Paese reale è un'altra cosa

Da fascismo ad autoritarismo: il tormentone (estivo) dei radical chic
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A sinistra già intonano il nuovo tormentone estivo. Lo canticchiano ovunque. Fa rima con fascismo ma è un altro "ismo". È autoritarismo. Lo avete sicuramente già sentito. Nei talk show, in radio, persino al bar. L'armocromista di Elly Schlein lo apprezza sicuramente. Perché calza a pennello con tutto, soprattutto in questi giorni di flop elettorali. Sta bene, per esempio, a chi giustifica l'auto-martirio di personaggi come Fabio Fazio e Lucia Annunziata. Ma anche a chi depreca per partito preso qualsiasi cosa faccia il governo. Per dirla alla MasterChef è l'ingrediente segreto che dà sapore a chi, a corto di spezie, deve mandar giù un boccone amaro. Come la batosta alle amministrative, appunto. Ma va benissimo anche per condire la narrazione di questo (piuttosto malconcio) Partito democratico e della sua neo leader, già in crisi al primo giro di boa.

Autoritarismo, dunque. Solo oggi lo scodellano sia Romano Prodi sia Zerocalcare, entrambi sulla Stampa. Il primo dice: "Siamo davanti a un governo che punta a prendersi tutto. C'è una parola semplice che riassume tutto questo: autoritarismo. Così si sta cambiando la natura del Paese". L'ex premier ce l'ha sia con la tv pubblica sia con l'esclusione di Stefano Bonaccini dalla corsa a commissario per l'emergenza in Emilia Romagna. Come il prezzemolo, appunto. Il vignettista, invece, lo serve in tavola per giustificare le eco-femmiste che al Salone del Libro hanno tolto la parola al ministro per le Pari opportunità Eugenia Roccella. "Chi ha in mano questo Paese, ha tutte le possibilità non solo di esprimere le proprie posizioni ma di farle diventare legge - spiega - per cui deve accettare di poter essere contestato". Peccato che un conto è essere contestati, un altro essere zittiti. Ma tant'è. Per Zerocalcare la sola "idea che questa cosa sia irricevibile" apre di fatto il Paese a una "deriva autoritaria". Deriva già ventilata nei giorni scorsi sia da Elly Schlein ("Questo governo ha un problema col dissenso") sia da Nicola Lagioia ("Non vuol dire fascismo ma restrizione della libertà e dei diritti").

A riprendere in mano i giornali delle ultime settimane ci accorgiamo che sono davvero tanti a intonare questo imbarazzante tormentone estivo. Tutti stonati, per carità, ma comunque in prima fila a cantare sguaiati. Come il premio Nobel per l'economia, Joseph Stiglitz, che in una recente intervista a Repubblica ha ventilato il rischio per l'Italia di "scivolare nell'autocrazia". O il verde Angelo Bonelli che, invece, si è messo a gridare all'autoritarismo per attaccare l'esecutivo sul Pnrr. E poi, ovviamente, Michela Murgia. Che non disdegna l'aggettivo fascista per bollare il governo Meloni, ma ci aggiunge pure lo stigma della democratura. "Siamo abituati ai fascismi nati da situazioni non democratiche, regni, dittature, e crediamo che la democrazia ci protegga - ha spiegato alla Stampa giorni fa - c'è un passaggio invece, che i sociologi chiamano democratura: è l'autoritarismo che passa attraverso i codici della democrazia. Il risultato finale è lo stesso".

Un triste elenco. Già compilato, tra l'altro, in passato quando gli stessi cantori del pericolo fascista si sgolavano per raccattare qualche voto in più. Non ha funzionato la scorsa estate, durante la campagna elettorale che ha portato Giorgia Meloni alla vittoria. Non sta funzionando adesso. "Questo governo, questa destra xenofoba e la sua propaganda - gridava giorni fa Roberto Saviano - vanno sabotati con tutti gli strumenti che la democrazia mette a disposizione".

Nemmeno l'elettorato di sinistra è più disposto ad andare appresso a loro. Il voto delle amministrative ne è la prova: la campagna di Murgia & Co. riempie quotidiani e talk, ma svuota le urne. Perché, a conti fatti, il Paese reale è tutt'altra cosa.

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