Centinaia di braccia tese nel saluto romano. La piazza, vista dall`alto, fa una certa impressione. E Elly Schlein trasforma subito la suggestione in bagarre politica. Pubblica rapidissima, superando per una volta il suo fare amletico, un post che in due righe diventa un atto d`accusa: «Roma 7 gennaio 2024. E sembra il 1924».
Le polemiche esplodono fra interrogazioni, esposti, precisazioni. Le commemorazioni dei morti di Acca Larentia, a Roma, sono un`occasione ghiotta per le opposizioni che provano a mettere in un angolo Giorgia Meloni e rilanciano l`eterna polemica sul Fascismo mai rinnegato della premier. «Oggi - incalza ancora Schlein - presenteremo un`interrogazione al ministro dell`interno Matteo Piantedosi, quel che è accaduto non è accettabile. E Meloni non ha niente da dire?». Più o meno le stesse parole usate da Matteo Renzi, solo con il suo abituale taglio ironico: «Meloni riuscirà, fra un post sulla Ferragni e una discussione su Delmastro o Lollobrigida, a dire che questo è sbagliato?». In realtà per lei l`ha già affermato il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, uno dei leader di FdI: «Sono persone di varia provenienza, cani sciolti, organizzazioni extraparlamentari. Non hanno niente a che vedere con FdI». Ma, naturalmente, le prese di distanza e le smentite non fermano l`ondata di indignazione sulla vertiginosa assonanza fra le date: il 2024 che assomiglia al lontano 1924. Quello del terribile delitto Matteotti con tutto ciò che ne conseguì. «I saluti romani - scrive Repubblica nell`edizione on line - sono scattati nel quartiere Tuscolano della capitale la notte scorsa, ma sembra di essere nel 1924, cento anni fa, in piena epoca fascista». Insomma, Repubblica come Schlein.
Nel video che circola nel Palazzo si vedono tanti giovani che gridano tre volte «presente» e intanto alzano il braccio. È così da molti anni, ma oggi al governo c`è Giorgia Meloni e le cose cambiano. L`eccidio di Acca Larentia è di nuovo una ferita aperta nella storia italiana. Quel giorno tre ragazzi dell`estrema destra vennero uccisi, i primi due da un commando dell`ultrasinistra, il terzo negli scontri che seguirono con le forze dell`ordine. Era il 7 gennaio 1978 e Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni aspettano ancora giustizia. Nessuno è stato condannato per quella giornata di sangue, collocata all`inizio di un anno drammatico segnato dal rapimento di Aldo Moro. In compenso, la mitraglietta Skorpion che seminò il terrore fu ritrovata poi in un covo delle Brigate rosse. E le analisi hanno dimostrato che quell`arma uccise Ezio Tarantelli, Lando Conti e Roberto Ruffilli.
Ma tutte queste considerazioni e riflessioni sulla ferocia e le commistioni della storia patria intessano poco. Conta solo spingere Meloni nella bolgia, rinfacciarle un passato che, se non altro per ragioni anagrafiche, non ha mai avuto, denunciare la presunta contiguità fra la destra e la destra della destra. I 5 Stelle annunciano addirittura un esposto in procura: «Per accertare - spiega il vicepresidente della Camera Sergio Costa - eventuali reati commessi, fra cui l`apologia di fascismo». Di tutto. Di più.
«Su quel piazzale - si legge in una nota di FdI - è dal 1978 che si commemorano, anche con il rito del presente, dei ragazzi ammazzati da un commando di estrema sinistra. Ma la sinistra finge solo oggi di scoprire la commemorazione. Finora, anche sotto governi Pd, si è reputato di non intervenire. Curioso che la sinistra, con la solita ipocrisia, abbia cambiato idea solo ora».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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