Da capolista del Fli alla Camera, piazzato in tutte le circoscrizioni del Paese, Gianfranco Fini è riuscito a raccattare 158mila voti, all'incirca lo 0,46% delle preferenze. Dopo una lunga "carriera" in parlamento, il presidente della Camera (ancora per poco) non riesce a entrare a Montecitorio. Non piò onorevole, il leader futurista - in passato delfino di Giorgio Almirante, guida e curatore fallimentare di Alleanza nazionale, quindi cofondatore e traditore del Pdl - si prenderà un periodo sabbatico. I sondaggi post elettorali danno il suo partito in caduta libera: si tratta di miseri decimali, ma il Fli sarebbe prossimo alla scomparsa. Eppure, dopo circa quattro ore di discussione, la direzione ha deciso di non sciogliere il partito. "È inutile dare la colpa a Tizio e Caio - ha commentato Fini - la responsabilità è mia".
L'ufficio stampa del Fli ci tiene a far sapere che computer, telefonini e televisioni della sede di via Poli funzionano regolarmente e che il contratto di leasing è ancora attivo. "Non c’è alcuna smobilitazione", assicurano. Eppure è arrivato il momento di tirare le somme: l'intera classe dirigente del partito sarà, infatti, azzerata al più presto. Nelle prossime settimane sarà avviato un ampio confronto che si concluderà con un'assemblea di fondazione per arrivare a nominare un nuovo gruppo dirigente. Che la colpa del risultato elettorale sia di questo o di quello, in un’analisi infinita, non lo vuole proprio sentire. D'altra parte Fini dovrebbe sapere che lo 0,46% arriva da una prolungata campagna elettorale in marcata chiave anti berlusconiana dopo aver voltato le spalle agli elettori del Pdl che gli avevano dato fiducia e dopo aver fatto precipitare un governo forte in una crisi che non gli ha permesso di attuare le riforme necessarie al Paese per uscire dalla crisi economica. Non solo. Fini dovrebbe anche sapere che lo scandalo della casa di Montecarlo e le mancate dimissioni, una volta che è emerso che dietro l'acquisto c'era il "cognato" Giancarlo Tulliani, ha inciso profondamente sulla sua credibilità. Per tutto questo non servono capri espiatori. E puntare il dito su questo o quell’errore organizzativo non basta a spiegare un risultato che è stato, alla fine, una catastrofe.
Nel corso della direzione del partito Fini avrebbe ribadito quale sia stato il suo impegno a cui, a suo dire, si sarebbe dedicato senza risparmiarsi mai. Ma coi suoi non si sarebbe nascosto dietro un dito. "Non sono un uomo per tutte le stagioni", avrebbe ribadito ricordando di non aver scelto per sé un posto sicuro a Palazzo Madama. "Ci ho messo la faccia - è il senso del ragionamento di Fini - con una candidatura che si sapeva più difficile a Montecitorio, dove il polo guidato da Monti si presentava con liste singole". Nell'intervento fatto in direzione, Fini non ha fatto nuove proposte ai suoi ma si è limitato a lanciare un messaggio per una seria riflessione: "Quale è il progetto politico con cui ripartire?". Progetto che deve, però, partire da un dato di fatto: il Fli è fuori dal parlamento e, se vuole sopravvivere, deve ripensarsi in tutto e per tutto.
La crociata antiberlusconiana e il fallimentare appoggio a Mario Monti hanno fatto naufragare la barca. E adesso a Fini tocca capire dove vuole andare. Fabio Granata sembra avere le idee chiare: "Ci sarà un’assemblea di fondazione per un nuovo soggetto politico, Fli è finito".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.