Foto di un divorzio all'italiana: consensuale e dopo i 60 anni

Amarsi un po'. Possibilmente un po'di più. Ma non necessariamente e, soprattutto, non per forza o per obbligo simil contrattuale. Insomma per dirla con Oscar Wilde: «Si dovrebbe essere sempre innamorati. Ecco perché non bisognerebbe mai sposarsi». La fotografia delle coppie italiane e del loro spread sentimentale arriva ancora una volta puntualmente e implacabilmente dalla madre di tutte le statistiche, l'Istat. Che, a scanso di equivoci, parte subito con un dato incontrovertibile: la famiglia italiana è sempre più in crisi: continua il trend di crescita di separazioni e divorzi ma questa volta con un ma in più tutt'altro che irrilevante.
Il dato in questione è che nell'85,5 per cento, ci si divide consensualmente. Traduzione per i più distratti: ci sono sempre meno quattrini e quindi se il matrimonio va a rotoli lasciamolo rotolare, ma almeno non buttiamo i soldi facendoci pure causa con avvocati, perizie e querele. Separiamoci esattamente come e fino a quando ci siamo amati: consensualmente. Resteranno le ferite del cuore, quelle sì, ma almeno non le voragini nei conti in banca. E passiamo ad un altro nuovo indicatore messo in luce dalla ricerca dell'Istat: in Italia un matrimonio dura in media 15 anni. Ma non c'era la crisi del settimo anno? Siamo diventati più tolleranti, più pazienti o della serie panta rei lasciamo che tutto, magari anche una scappatella, ci sfiori soltanto e abbiamo deciso di arrivare almeno a convivere anni sotto lo stesso tetto per arrivare almeno al traguardo dei quindici anni? Sarà come sarà, fatto sta che questa è la nuova media durata delle unioni tricolori ma resta niente in confronto al passato quando nonni e nonne stavano assieme per una vita. Sopportando certo. Sopportando parecchio. Ma stavano assieme.
Altra annotazione: restano alti i tassi di separazione che riguardano, in media, il 30 per cento dei matrimoni. Tanto per dare un'idea se nel 1995 per ogni mille matrimoni erano 158 le separazioni e 80 i divorzi, nel 2010 si è arrivati a 307 separazioni e 182 divorzi. Gli ultimi dati, riferiti al 2010, segnalano che le separazioni sono state 88.191 e i divorzi 54.160, con un aumento delle prime, rispetto all'anno precedente, del 2,6 per cento e un leggero decremento dei divorzi dello 0,5 per cento. L'età media di chi si separa è 45 anni per i mariti e 42 per le mogli, che in caso di divorzio raggiunge, rispettivamente 47 e 44 anni. Un dato questo che, a nostro parere, va valutato solo ed esclusivamente nell'ottica dell'età in cui si decide di sposarsi. Sappiamo bene che, oramai, figli e figlie non se non ne vogliono andare dalle case dei genitori e questo ha spostato in avanti l'età dell'eventuale matrimonio. E quindi anche dell'eventuale separazione.
Il 68,7 per cento delle separazioni e il 58,5 per cento dei divorzi ha riguardato coppie con figli, il cui affido, nell'89,8 per cento dei casi, è stato condiviso. Ma i numeri dicono anche che ormai gli addii sono frequenti anche tra i sessantenni. Negli ultimi dieci anni sono passati dal 5,9% al 9,9% gli uomini con più di 60 anni che hanno optano per la separazione. Ma dove si litiga di più tra moglie e marito?
La litigiosità tra i coniugi risulta più alta al Sud dove le separazioni giudiziali raggiungono il 21,5 per cento. È invece del 20,7 per cento nel caso in cui entrambi i coniugi abbiano un basso livello di istruzione. Nel 20,6 per cento delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge che nel 98 per cento dei casi è corrisposto dal marito alla moglie. L'importo medio è più elevato al nord (520 euro) che nel resto del Paese (447,4).


Nel 56,2 per cento dei casi la casa è assegnata alla moglie, nel 21,5 per cento al marito mentre nel 19,8 per cento dei casi gli ex coniugi vanno ad abitare in case autonome e distinte diverse da quella coniugale. Il motivo? Questa volta lo suggerisce Friedrich Nietzsche: «Se i coniugi non vivessero insieme, i buoni matrimoni sarebbero più frequenti».

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