Già a rischio la riforma elettorale

Italicum oggi alla Camera. Su multicollegi e quote rosa Renzi chiede di cambiare i patti, Berlusconi non ci sta

Già a rischio la riforma elettorale

Roma - La nave dell'Italicum rischia di affondare ancor prima di prendere il largo. Oggi l'Aula della Camera inizierà l'esame del disegno di legge sulla riforma elettorale, frutto dell'intesa tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. I primi segnali che giungono da Montecitorio e dintorni, però, non sono affatto beneauguranti. Stando alle ultime informazioni, il segretario del Pd ha chiesto di cambiare i patti su due temi: i multicollegi e le quote rosa. Berlusconi non accetta variazioni all'accordo su questi due punti.

In queste ore è in atto un pressing da parte di Alfano e Lupi nei confronti di Renzi in merito alle candidature multiple. Ncd ha pochi volti veramente «riconoscibili» dall'elettorato salvo quello dell'ex delfino di Silvio Berlusconi. Di qui la richiesta di aumentare a 20 collegi il tetto massimo per ogni candidato. Inizialmente il partito «governista» del centrodestra pensava di potersi accontentare di un massimo di 5 collegi (grosso modo 5 Regioni), ma le prime verifiche sarebbero state molto negative.
Quello delle pluricandidature non è sicuramente un tema sul quale Renzi sia disposto a mettere in discussione tutto l'impianto della riforma. Ma il problema politico esiste e non è di poco conto. Ammettiamo che Ncd venisse accontentato, il sindaco di Firenze dovrebbe concedere qualcosa anche al suo partito dove la minoranza interna scalpita e sbraita. Non è un caso che Renzi abbia rinviato a stamattina alle 8.30 l'assemblea con il gruppo parlamentare per chiarire le strategie. I cuperliani, cioè la minoranza di sinistra che fa capo all'ex presidente dell'assemblea Pd, sono già sul piede di guerra. E un cavallo di Troia l'hanno pure trovato: la parità di genere, cioè le quote rosa. L'attuale formulazione scontenta le «femministe» bipartisan (in misura maggiore quelle del centrosinistra): il 50% di posti in lista riservato al gentil sesso non significa automaticamente una Camera con il 50% di donne, anzi il rischio è che la presenza femminile si riduca rispetto all'attuale. Così nella pletora degli emendamenti ne è spuntato anche uno che rende obbligatorio il 50% di capilista donne. Così, però, si rischia di disfare la tela perché Alfano (ma anche Lupi) dovrebbe rinunciare a guidare Ncd in tutte le Regioni.

Il cocktail esplosivo della sinistra Pd ha anche due altri ingredienti: le primarie obbligatorie e, soprattutto, l'accoppiamento della riforma elettorale con le modifiche costituzionali (superamento dell'attuale Senato). Se si considera, inoltre, che i montiani di Scelta Civica si battono per abbassare dal 12 al 10% la soglia di sbarramento per le coalizioni, ci vuole poco perché il banco salti. Situazione che la sinistra Pd sfrutterebbe per riproporre il mantra della «staffetta» tra Letta e Renzi a Palazzo Chigi. In modo da cucinare a fuoco lento pure il segretario riformista.

Ora tutto questo è un problema del segretario Pd. Cioè: se Renzi vuol accontentare Ncd e cambiare anche le carte in tavola sulle quote di genere, l'accordo rischia davvero.
Ma il percorso della nuova legge elettorale è minato anche dalla massa degli emendamenti, lievitata in modo sproporzionato. Dai 318 presentati in commissione Affari costituzionali si è passati ai 450 in rampa di lancio nell'emiciclo. È chiaro che più aumentano le proposte di modifica più aumenta il rischio che possa capitare qualche «incidente di percorso», anche di natura involontaria. Analogamente, il patto potrebbe essere tradito dai franchi tiratori. A meno che non venga presentato un maxiemendamento, le votazioni a scrutinio segreto potrebbero essere un centinaio.


Anche per questo motivo ieri il presidente della commissione Affari costituzionali, Francesco Paolo Sisto (Fi), ha cercato di tamponare le prime falle mettendosi al lavoro su un emendamento per verificare la ripartizione dei seggi a livello nazionale.

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