Che generoso Paese è l'Italia. Abbiamo una parola buona per tutti, dunque perché far mancare un supporto morale agli scafisti? Certo, è gente la cui attività professionale ricorda i mercanti di schiavi che trattavano gli africani come bestiame per portarli nelle colonie oltreoceano. Ma qui usa relativizzare ogni colpa. Con una sola certezza: che tanto stiamo solo giocando con le parole. L'Italia, e l'Europa, in questi giorni di sbarchi tragici, devono mettere infatti a bilancio anni e anni di vuota teoria e straordinaria inefficacia pratica nella gestione del fenomeno migratorio. E così nei talk show ci si accapiglia tra chi vorrebbe chiudere le frontiere a doppia mandata (ignorando che una certa dose di mobilità tra Paesi è inevitabile e, a certe condizioni, anche utile ai Paesi di destinazione) e chi invece predica un'accoglienza universale a prescindere (a prescindere anche dai limiti di risorse a disposizione e quindi anche di possibilità di dare un futuro a chi ne cerca uno lontano da casa propria). Intanto in mare si crepa: 19.000 morti in dieci anni. E la causa non è solo un crudele destino dei migranti, il pericolo dei flutti nel Canale di Sicilia o l'incapacità politica di far fronte al fenomeno.
Ognuno può soppesare a suo piacimento la quota parte di responsabilità. Ma è possibile negare che quel viaggio per mare è così pericoloso perché è gestito dai «soldati» di organizzazioni criminali cui evidentemente la morte violenta di donne e bambini non impedisce sonni sereni? Evidentemente sì, l'italica propensione al giustificazionismo, la tendenza al distinguo specioso fanno sì che circolino ricostruzioni alternative anche sul ruolo dei mercanti di uomini. C'è chi evidenzia come non ci siano più le «navi madri», ma piccole carrette e ne conclude, chissà perché, che in fondo gli scafisti contano poco.
Ma il top lo raggiunge un'invettiva pubblicata su un blog del Fattoquotidiano.it in cui la difesa dei traghettatori di anime si fa accorata: «Ma quali scafisti?». Naturalmente si dà la colpa a giornali e tg che si ostinano a prendersela con questi poveri lavoratori del mare, mentre la colpa è di «una legislazione (italiana e europea) che vieta ai profughi di raggiungere l'Europa». Il top però è la seguente ardita metafora: «Sarebbe come addossare la responsabilità della shoah a coloro che nei campi di sterminio azionavano le docce a gas della camera a fianco». Ma chi? Gli ebrei a cui si diceva che erano innocui lavacri? O i nazisti? In un caso e nell'altro il parallelo è delirante.
Il «libro nero degli scafisti» ricostruito in queste pagine dai cronisti del Giornale dimostra che gli scafisti si macchiano scientemente di crimini orribili. E senza manco la scusa di aver obbedito a un ordine. L'unica molla qui è il portafogli. O vogliamo dire che i poveri scafisti sono costretti dal bisogno?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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