Giustizia da rifare ma senza disturbare

Chi deve fare questa benedetta riforma della giustizia? Napolitano non ha dubbi: tocca ai signori in toga. Va bene che ormai il capo dello Stato può dire e fare qualsiasi cosa, ma che venga applaudito anche quando consiglia ai magistrati di proporre, quale riforma della giustizia fare, appare surreale. «I magistrati – suggerisce il presidente della Repubblica – dovrebbero avere un'attitudine meno difensiva e più propositiva rispetto al discorso sulle riforme, di cui la giustizia ha indubbio bisogno da tempo». Con questa frase l'uomo del Colle fa capire un po' di cose. Primo. La giustizia non sta messa poi così bene. È malata. Non funziona. Non è insomma questo ben di Dio (...)

(...) come va raccontando ultimamente il premier Enrico Letta. Lo dicono anche i numeri e le storie dei troppi innocenti finiti in carcere. Secondo. Giudici e pm finora hanno fatto catenaccio, come se fosse qualcosa di sacro e intoccabile. Chi prova a dire «cambiamo» viene scomunicato e punito. Terzo. Solo i magistrati possono riformare la giustizia. E quest'ultima considerazione puzza parecchio di corporativismo e certifica che le toghe sono la casta delle caste. È come se la riforma delle pensioni la facessero i pensionati e gli esodati. È come lasciare ai sindacati il potere legislativo di cambiare le leggi sul lavoro. È lasciare in mano ai tassisti il trasporto pubblico. È tutto ciò che sta rendendo l'Italia un Paese irriformabile, dove nulla si può toccare, dove ogni sogno di costruire il futuro finisce in una melma di interessi particolari. È la politica che abdica e si rassegna a fare da valletta agli altri poteri.
Ma perché tanti riguardi per le toghe? Una riforma della giustizia scritta dai magistrati sarebbe una «non riforma». Ve li immaginate? Non hanno alcuna voglia di perdere potere, privilegi, o pagare per i propri errori. I pm non hanno voglia di aprire al garantismo, perché il sistema attuale è più facile, si fa meno fatica, perché non c'è bisogno di tante indagini se sbatti uno in carcere e poi ti chiedi se è innocente, perché le sbarre sono il modo più spiccio per ottenere la confessione, e pazienza se tutto questo fa a pugni con i diritti dell'uomo. Pensate davvero che saranno le toghe a firmare la separazione delle carriere? Magari, ma al momento sembra un'illusione. Questo è l'errore di Napolitano. Non vedere che la magistratura è un potere forte, che non si accontenta di fare il proprio mestiere, ma da vent'anni scantona nella politica. È una tentazione troppo succulenta. E nessun potere, per quanto illuminato, e non è detto che questo sia il caso, corre a autolimitarsi. In genere nessuno rinuncia al potere se non vi è costretto. Qualsiasi discorso sulla riforma della giustizia deve partire da questo presupposto: il potere dei magistrati è strabordante. Non rientreranno tra i ranghi da soli.

segue a pagina 2

di Salvatore Tramontano

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